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GERMANIAAndrea Nahles è stata eletta presidente dell'Spd con il 66,35%

22.04.18 - 12:11
Il risultato della neopresidente è fra i peggiori mai registrati in termini percentuali
Keystone
Andrea Nahles è stata eletta presidente dell'Spd con il 66,35%
Il risultato della neopresidente è fra i peggiori mai registrati in termini percentuali

WIESBADEN - I socialdemocratici tedeschi saranno guidati da una donna ed è la prima volta che accade nell'arco di un secolo e mezzo. Ma la svolta «storica» lascia l'amaro in bocca: Andrea Nahles, 47 anni, da 30 nel partito, è stata eletta con solo il 66,35% dei voti. Uno dei peggiori risultati di sempre, il secondo dal dopoguerra, in un'arena politica ancora evidentemente divisa.

L'ultima volta Martin Schulz, poi uscito fuori scena in modo traumatico, aveva ottenuto il 100%. Lui però non aveva rivali. Nahles ha subìto invece la coraggiosa contro-candidatura di una sindaca quasi sconosciuta, Simone Lange, che ha strappato a sorpresa un 27,6%, dando un volto alla protesta «per un effettivo rinnovamento». Non una presenza innocua, nel quadro desolato del partito, che ha litigato sull'alleanza con Angela Merkel, finendo in una sorta di psicodramma collettivo.

Con questa premessa non proprio incoraggiante, la vulcanica Nahles, che ha visto stamani a Wiesbaden un terzo dei delegati voltarle le spalle, ha il compito di rivitalizzare la socialdemocrazia tedesca: dopo il tonfo alle elezioni di settembre (20,5%), continua ad agonizzare nei sondaggi (per Bild am Sonntag è al 18%) pur stando al governo. Riportare i compagni a numeri da grande partito popolare è una missione decisiva anche per arginare il populismo, secondo la nuova presidente: è questo "il grande pericolo" in Germania come in Europa, dove in gioco c'è "il mantenimento della democrazia".

Occorre quindi riscoprire gli ideali dell'Spd, a partire dal «valore irrinunciabile della solidarietà». «I populisti non sono forze del popolo, sono un attacco al popolo - ha scandito - state con noi contro il populismo di destra, contro lo sciovinismo e il nazionalismo, questo è il messaggio di oggi». La questione incrocia il riscatto dell'europeismo: "senza un'Europa forte, i populisti vinceranno. E poi c'è la guerra", per Martin Schulz, ricomparso dopo molte settimane di assenza.

Scuro in volto, l'ex presidente del parlamento Ue ha sollecitato chi lo succederà a difendere l'eredità lasciata nel contratto di coalizione, che proprio grazie all'ex leader prevede una linea tedesca molto più morbida del passato, in armonia con la Francia di Macron. Non deve accadere, adesso, a poche settimane dalla firma del contratto di coalizione, che l'Unione (Cdu-Csu) già cerchi di rivisitarlo, frenando sul completamento dell'unione bancaria e sulla trasformazione del meccanismo di stabilità Esm.

Discorso pienamente condiviso da Nahles, per la quale «il contratto è un contratto e incalzeremo perché sia rispettato lettera per lettera». Al di là dei numeri deludenti, la giornata è stata salutata come un «momento storico» anche dal vicecancelliere Olaf Scholz, che dal passo indietro di Schulz ha guidato il partito - nel quale è diventato potentissimo - in forma commissariale. È stato lui, oggi ministro delle finanze, a ribadire che il progetto europeo sarà «centrale per la nostra generazione».

Nella platea, fra i vip del partito anche un anziano, ex avversario, come Franz Muntefering, che ha applaudito il discorso della presidente e la chiusa ad effetto - «ci riusciremo, prenderemo il toro per le corna, è una promessa» - e l'ex ministro degli Esteri Sigmar Gabriel, messo alla porta dopo il duello con Schulz sul ministero degli Esteri.

L'eroina del giorno, che la stampa nazionale ribattezza «donna delle rovine» - come quelle che raccoglievano i detriti della guerra nel Paese distrutto - ha accolto con sguardo deluso il suo risultato. Ma un attimo dopo è scattata in piedi, per dire con ostentata decisione: «Sì, accetto l'elezione».

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