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FRANCIA / ITALIAPonte Morandi, Parigi apre un'inchiesta

16.08.18 - 18:05
Le ipotesi di reato sono "lesioni involontarie" e "omicidi colposi". Quattro ragazzi francesi sono morti nella tragedia di martedì
Keystone / AP
Ponte Morandi, Parigi apre un'inchiesta
Le ipotesi di reato sono "lesioni involontarie" e "omicidi colposi". Quattro ragazzi francesi sono morti nella tragedia di martedì

PARIGI - La procura di Parigi ha aperto un'inchiesta per «omicidi colposi» in relazione al crollo del ponte Moranti a Genova, in cui sono rimasti uccisi 4 ragazzi francesi.

La procura di Parigi ha annunciato l'apertura di un'inchiesta per «lesioni involontarie» e «omicidi colposi». Le indagini sono state affidate alla Direzione della gendarmeria nazionale. L'apertura di un'inchiesta da parte della procura è un atto usuale quando in caso di decessi traumatici di francesi all'estero.

Secondo le notizie diffuse nelle ultime ore, le vittime francesi sono quattro giovani amici che erano partiti insieme diretti a un festival di musica techno in Sicilia. Avevano intorno a 20 anni e una di loro, Melissa, aveva organizzato il viaggio trovando gli altri partecipanti su Facebook. Con lei, il suo ragazzo, Nathan, rimasto ucciso insieme a lei sul ponte Morandi. Tutti erano originari del sud-ovest della Francia, fra Tolosa e dintorni.

Psicosi ponti: «È sicuro?» - «Questo è sicuro?», e sotto la foto dei pilastri degradati di un ponte che sorreggono una strada percorsa da auto e camion. Sono migliaia le condivisioni di post come questo che negli ultimi due giorni diffondono la "psicosi crolli" sul tam tam dei social dopo la tragedia di Genova.

Sul web si scatena rabbia, denuncia e paura dopo il crollo del ponte Morandi. Sulle timeline di Facebook e twitter si susseguono le immagini scattate dagli utenti che a primo impatto fanno impallidire, ma i cui rischi paventati non sono verificabili da una semplice foto. Tanti manifestano timori, accompagnati a volte da analisi superficiali che scatenano commenti al vetriolo o anche nevrosi.

«Attenzione! Denunciate tutti i ponti e infrastrutture in stato di dissesto o in avaria. Condividi questo video e tagga Danilo Toninelli», si legge in una frase sotto un video Facebook dove si vedono parti cadenti di calcestruzzo rimosso con facilità dai colpi di un semplice bastone, con il ferro che affiora completamente in superficie. «Ma i controlli verranno fatti?», commenta un utente, mentre altri elencano i ponti del proprio Comune, dove giurano non passeranno più «se non verrà messo in sicurezza».

In altre immagini si vede invece il ferro delle gabbie interne dei pilastri attaccato dalla ruggine, che rigonfiando stacca parti di cemento. Anche in questi casi la forza delle immagini si trasforma in presagi per chi commenta: «Faccio quella strada tutti i giorni. E spero che adesso le denunce di noi cittadini vengano ascoltate. Quante opere e strutture sono fatiscenti e senza più controlli?», si legge in un altro intervento, che segue una catena di discussioni su polemiche e indignazione. Ma c'è anche chi punta il dito contro «anni di speculazione edilizia e corruzione», come le foto postate di ponti che attraversano agglomerati di case.

Rischio penale di 20 miliardi - Una "penale" di almeno 20 miliardi. È questa, secondo l'avvocato Davide Maresca, genovese, esperto di concessioni autostradali, la cifra che lo Stato rischia di pagare in caso di revoca della concessione ad Autostrade per l'Italia, che gestisce il 70% della rete.

«La disciplina - spiega Maresca - è complessa, regolata dalla legge e dalla convenzione con Autostrade. Due le procedure che il governo può attivate. La prima è la decadenza della convenzione per grave inadempimento. L'inadempimento deve essere trovato e il governo deve averlo denunciato ad Autostrade. Inoltre devono essere trascorsi 90 giorni per dare soluzione all'inadempimento. Visto l'iter, è chiaro che la decadenza non può essere immediata».

«La seconda strada - prosegue - è quella della revoca. Ma è qualcosa di enorme, anche da un punto di vista economico. La procedura, che per altro non può riguardare un singolo tratto, perché se revochi, revochi tutto, l'intera rete in concessione, può essere attivata se ci sono circostanze straordinarie ed eventi imprevedibili. Questo iter prevede, però, una proposta di indennizzo ad Autostrade in cui va calcolato il valore dei beni non ancora ammortizzati fino a fine concessione, ossia il 2038, più una percentuale sugli investimenti non realizzati che si aggira sul 20%. Quantificare la cifra esatta ora, è pressoché impossibile, ma meno di 20 miliardi credo sia impossibile».

L'indennizzo scatterebbe anche se fossero accertate forti responsabilità nel crollo da parte di Autostrade? «Una cosa sono le responsabilità, un'altra è l'interruzione del rapporto contrattale. La prima può essere compensata in altra sede ed è regolata secondo diversi profili: c'è la responsabilità verso vittime, regolata in sede civile e che può persino prescindere dall'aver rispettato o meno i vincoli sulla manutenzione. C'è la responsabilità verso lo Stato. Ma il rapporto tra concedente e autostrade, regolato da uno specifico contratto, è altra cosa».

In concreto, però, la revoca appare un percorso pieno di ostacoli, anche perché si apre il problema di chi subentra: sulla carta «subentra il concedente, ossia il ministero, che inizia a esercitare in modo diretto la gestione: il punto è se il ministero ha la struttura, le competenze e i mezzi per farlo. Potrebbe anche essere fatto un nuovo bando, ma ha tempi lunghi. Oppure, in alternativa, si potrebbe studiare una gestione diretta da parte di una struttura come Anas, ma è molto complesso. Inoltre il mercato delle concessioni autostradali conta quattro, cinque soggetti in Europa».

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