Il presidente ha firmato ieri l'ordine esecutivo sulle forze di polizia. Nell'immediato però non cambierà molto
WASHINGTON - La riforma della polizia annunciata da Donald Trump, che ieri ha firmato il relativo decreto, non è propriamente quella attesa dalle migliaia di manifestanti che da settimane protestano in tutti gli Stati Uniti dopo la morte di George Floyd.
L’ordine esecutivo prevede fra le altre cose il divieto di ricorrere - a meno che la vita di un agente non sia in pericolo - a procedure che prevedono qualsiasi forma di strangolamento. Inoltre, il presidente ha assicurato che, come richiesto dalle famiglie delle vittime, sarà creato un database condiviso tra i dipartimenti per raccogliere informazioni su eventuali abusi da parte degli agenti, in modo che questi non possano scomparire dal loro curriculum.
Nell'immediato cambia poco - Quanto firmato dal presidente, scrive però il New York Times, avrà un «lieve impatto» nell’immediato. I contenuti sono infatti assimilabili piuttosto a delle linee guida che toccherà al Dipartimento di giustizia e al Congresso tradurre in misure concrete.
Dal Rose Garden della Casa Bianca, circondato da agenti in uniforme, Trump ha promesso di «combattere per la giustizia di tutta la popolazione», ma si è opposto agli sforzi «radicali e pericolosi» di “smantellare” (come suggerito dallo slogan “Defund the police”, ndr.) la polizia. E soprattutto, non ha speso una sola parola riguardo al problema del razzismo all’interno delle forze di polizia.
Riforma: Trump ci crede? - Buona parte del suo eloquio il presidente americano lo ha invece dedicato a difendere gli agenti, sottolineando che quelli responsabili di atti simili a quello che ha soffocato la vita di George Floyd sono un’assoluta rarità. E non è mancata la consueta stoccata al suo predecessore Barack Obama, colpevole ai suoi occhi di non aver agito attuando a suo tempo una riforma delle forze dell'ordine.
Una riforma, ha commentato l’analista della CNN Chris Cillizza, che in fondo a Trump non sembra interessare particolarmente. Si tratta di un gesto politico. E dalle parole pronunciate dall’inquilino della Casa Bianca, quanto accaduto a George Floyd è da considerare un evento sfortunato piuttosto che l’espressione di un sistema intriso da un razzismo istituzionale. Un punto di vista che farà colpo sul suo elettorato, ma difficilmente lo aiuterà a conquistare consensi tra le comunità più marginalizzate e colpite dal problema.