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STATI UNITITrump vuole graziare Muhammad Ali, ma è già stato assolto

08.06.18 - 20:28
«Stiamo esaminando per la grazia i nomi di circa 3000 persone, molte delle quali sono state trattate iniquamente», ha annunciato
Keystone
Trump vuole graziare Muhammad Ali, ma è già stato assolto
«Stiamo esaminando per la grazia i nomi di circa 3000 persone, molte delle quali sono state trattate iniquamente», ha annunciato

WASHINGTON - Donald Trump pensa di avere un potere di grazia così assoluto da poterlo esercitare non solo nei confronti di se stesso ma anche di persone che non ne hanno bisogno in quanto già assolte. Come il defunto campione di boxe Muhammad Ali, condannato inizialmente a 5 anni e privato del titolo mondiale per renitenza alla leva nel 1967, quando oppose la sua obiezione di coscienza per motivi religiosi e civili contro la guerra in Vietnam.

«Stiamo esaminando per la grazia i nomi di circa 3000 persone, molte delle quali sono state trattate iniquamente», ha annunciato ai cronisti prima di salire sull'Air Force One per il G7 canadese, evocando il nome di Ali.

Peccato che sia stato subito gelato dalla risposta di Ron Tweel, avvocato della vedova Lonnie e della tenuta della leggenda del ring: «apprezziamo il sentimento del presidente Trump ma una grazia non è necessaria. La corte suprema ha rovesciato la condanna di Muhammad Ali con una decisione unanime nel 1971. Non c'è una condanna per cui è necessaria la grazia», ha precisato il legale. La Casa Bianca non ha commentato quella che ha tutto l'aspetto dell'ennesima gaffe.

Il presidente sta usando il suo potere di grazia in modo controverso, e anticipatamente rispetto ai suoi predecessori, che hanno riservato gli atti di clemenza alla fine del loro mandato. Secondo alcuni osservatori, Trump intenderebbe lanciare un segnale generale contro una giustizia ai suoi occhi spesso ingiusta o politicizzata, come la "caccia alle streghe" del Russiagate.

L'uso della grazia, che il tycoon ha affermato di poter applicare pure a se stesso, appare come un messaggio rassicurante ai suoi ex collaboratori contro la tentazione di chiamarlo in causa per evitare o ridurre una eventuale condanna. Alla domande se grazierebbe anche l'ex capo della sua campagna elettorale Paul Manafort, incriminato nel Russiagate, o il suo avvocato Michael Cohen, il presidente ha risposto che «è troppo presto per pensarci: non sono stati condannati per qualcosa, non c'è niente da graziare». Ma non l'ha escluso.

Trump inoltre è accusato di usare i suoi poteri di grazia in casi mediatici che gli procurano consenso politico, dall'ex sceriffo anti immigrati Joe Arpaio al commentatore conservatore Dinesh D'Souza, sino ad una serie di personaggi neri che potrebbero guadagnarli le simpatie dell'elettorato afro-americano: da Muhammad Ali al suo antesignano Jack Johnson - primo campione nero di boxe condannato nel 1913 da una giuria bianca in un presunto caso razziale. L'ultimo caso, patrocinato dalla star dei reality Kim Kardashian, e' quello della 63/enne Alice Johnson, che aveva scontato oltre vent'anni di una condanna all'ergastolo per reati di droga non violenti. Trump oggi si è rivolto anche ai giocatori di football (Nfl) e ad altri atleti, in genere neri, che protestano contro l'ingiustizia razziale inginocchiandosi durante l'inno: «segnalatemi le persone che pensate siano state trattate ingiustamente, esaminerò le vostre richieste», ha detto magnanimo.
 

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