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SERBIANuove proteste contro la «dittatura» Vucic

26.04.17 - 21:55
Centinaia di persone hanno manifestato contro il premier serbo, accusato di autoritarismo e stretto controllo sui media
Keystone
Nuove proteste contro la «dittatura» Vucic
Centinaia di persone hanno manifestato contro il premier serbo, accusato di autoritarismo e stretto controllo sui media

BELGRADO - Anche questa sera a Belgrado alcune centinaia di persone, in larga parte giovani e studenti, hanno manifestato contro la "dittatura" del premier e presidente eletto Aleksandar Vucic, accusato di autoritarismo e stretto controllo sui media.

Scandendo slogan ostili al governo e a Vucic, vincitore già al primo turno delle presidenziali del 2 aprile scorso, i dimostranti hanno sostato a lungo sotto la sede della tv pubblica serba Rts, criticata per il modo in cui a loro avviso riferisce gli eventi politici e sociali nel Paese. Per questo hanno chiesto le dimissioni dei vertici della tv, oltre a quelle di Vucic e dei membri della commissione elettorale. Le protesta contro Vucic vanno avanti dal 3 aprile, il giorno successivo alle presidenziali. La manifestazione di oggi si è svolta pacificamente e senza incidenti.

Nel frattempo, Jonuz Musliu, leader della comunità di etnia albanese a Bujanovac, nel sud della Serbia, ha detto oggi di riconoscere come suo presidente Edi Rama, il premier dell'Albania, e non Tomislav Nikolic o Aleksandar Vucic. «Naturalmente è Edi Rama il mio presidente», ha detto alla tv privata serba Prva. In base alla costituzione dell'Albania - ha osservato - Edi Rama è il leader di tutti gli albanesi indipendentemente da dove vivono. E quando l'intervistatore gli ha fatto notare che lui vive in Serbia e che sui documenti c'è scritto "Repubblica di Serbia" Musliu ha risposto: «Che scrivano pure quello che vogliono ... Lei vive in Serbia, mentre io vivo nella Valle di Presevo. Un territorio che cerca di liberarsi».

Le affermazioni di Musliu hanno destato scalpore alla luce dell'intenso dibattito di questi giorni legate alle numerose affermazioni e prese di posizione sul progetto cosiddetto della "Grande Albania", molto criticato dalle autorità di Belgrado.

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