Questa la posizione del ministero del commercio cinese che alla luce dei rischi connessi alle turbolenze del Vecchio Continente, respinge le pressioni del governo americano per una maggiore flessibilità della moneta.
In una conferenza stampa a Pechino - citata dall'agenzia Bloomberg - il portavoce del ministero, Yao Jian, ha spiegato che per i prossimi due-tre mesi la Cina monitorerà molto da vicino la crisi del debito in Europa e che prevede un impatto negativo sulle esportazioni dopo il mese di luglio.
"L'Europa incide per il 20% sull'export cinese", ha detto il portavoce, e gli aumenti del costo del lavoro e dei prezzi delle materie prime stanno minando la competitività della Cina. Per questo - ha spiegato Yao - Pechino manterrà invariate le politiche per il commercio estero e respinge come "priva di fondamento" la tesi americana secondo cui la debolezza dello yuan penalizza l'industria statunitense. "Il tasso d cambio non è la soluzione fondamentale al deficit commerciale tra Stati Uniti e Cina - ha spiegato Yao - ma gli squilibri a livello mondiale sono dovuti ai modelli di crescita e di consumo dei Paesi più sviluppati".
Solo due giorni fa il segretario al Tesoro americano, Timothy Geithner, aveva puntato nuovamente il dito contro "le distorsioni causate dal tasso di cambio della Cina che travalicano i confini cinesi e rappresentano un ostacolo al riequilibrio globale che riteniamo necessario". Un'affondo che Pechino oggi ha respinto con decisione, mettendo in guardia gli Usa dal ricorrere a eventuali misure commerciali protezionistiche per esercitare maggiore pressione sul governo cinese.