Oggi i clienti ordinano, provano a casa e rispediscono quello che non va. Un problema, anche per l'ambiente. Un'équipe di ricercatori tedeschi suggerisce delle contromisure
BAMBERGA - Ogni anno gli svizzeri rispediscono a Zalando circa 10 milioni di pacchi, provocando l’emissione nell’atmosfera di 9mila tonnellate di anidride carbonica aggiuntiva a causa del trasporto. In Germania, i colli rispediti ai portali di vendita online ammontano a 280 milioni l’anno, per 238mila tonnellate di CO2 equivalente in più: l’inquinamento provocato in un anno da una città tedesca di 21mila abitanti.
Uno dei motivi per cui i resi sono tanto amati sta nel fatto che, di norma, non comportano alcuna spesa per l’acquirente: la merce si ordina, si prova comodamente a casa e si rispedisce se non va bene. Per ridurre tale fenomeno, gli economisti dell’Università di Bamberga in Germania propongono ora di introdurre una tassa sui resi, che potrebbe partire anche da soli 2,95 euro a invio (ca. 3,25 franchi).
«Anche una piccola tassa imposta per legge potrebbe essere uno strumento per tenere sotto controllo i resi e i loro effetti negativi», spiega il direttore del gruppo di ricerca dell’ateneo sulla gestione dei resi, Björn Asdecker. Secondo uno studio condotto dalla sua équipe che ha coinvolto 139 venditori online, anche solo 2,95 euro a pacco restituito permetterebbero di ridurre i resi del 16%.
La misura, sottolinea il ricercatore, sarebbe particolarmente apprezzata dagli shop online, che al momento non osano addebitare spese per i resi per non farsi superare dalla concorrenza. «Per motivi strategici i grandi distributori al dettaglio evitano volutamente di applicare delle spese per avere un vantaggio in termini di concorrenza - afferma Asdecker -. A queste aziende i resi gratis convengono».
L’introduzione di una tassa sui pacchetti rispediti al mittente non è l’unica né la più efficace delle misure proposte dai ricercatori di Bamberga. A loro avviso, sarebbe anche importante sviluppare software sempre più precisi che permettano di dare ai clienti una consulenza personalizzata sulla taglia da scegliere quando si acquista un determinato capo d’abbigliamento, magari con misurazioni automatiche tramite fotografia. Standardizzare maggiormente le taglie sarebbe un altro importante contributo alla limitazione del numero degli indumenti restituiti. Queste due misure insieme permetterebbero una riduzione dei resi del 25%.