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Regno UnitoDonne condannate per adulterio, droga o per essersi ribellate al marito violento

08.10.21 - 06:00
Secondo un rapporto di Amnesty international la discriminazione femminile passa anche per la pena capitale
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Donne condannate per adulterio, droga o per essersi ribellate al marito violento
Secondo un rapporto di Amnesty international la discriminazione femminile passa anche per la pena capitale

LONDRA - Processi ingiusti e senza considerazione delle attenuanti. È quanto succede a molte donne condannate a morte. Una nuova inchiesta di Amnesty International rivela come il sessismo faccia anche parte del sistema giudiziario di diversi Paesi, dove alle donne può essere inflitta la pena capitale anche se hanno ucciso il marito per legittima difesa.

La condanna a morte è legale in 58 Paesi. Tra questi figurano gli Stati Uniti, l'Egitto, l'Iran, l'Arabia Saudita e la Cina, anche se su quest'ultima non esistono dati certi. Le motivazioni che portano la giustizia a decidere della pena capitale per un imputato sono diverse, ma nel rapporto di Amnesty delle condanne eseguite sulle donne, tre la fanno da padrone: sono l'omicidio, l'adulterio e i reati legati alla droga.

In Kurdistan, ad esempio, Zeinab Sekaanvand è stata arrestata nel 2018, quando aveva 17 anni, per l'omicidio del coniuge. Come spiega Amnesty in un comunicato, era «minorenne al momento del suo matrimonio e ha subito anni di violenza sessuale per mano del marito e del cognato. È stata giudicata colpevole dopo un processo ingiusto». Nel rapporto pubblicato dall'organizzazione, si evince che casi come questo avvengono molto spesso, di donne maltrattate per anni e senza alcuna protezione. Nel 2017 già Amnesty scriveva che «altri fattori possono essere di dipendenza economica, paura di perdere la custodia dei propri figli e la difficoltà nell'ottenere il divorzio».

Pena capitale anche per droga - Le esecuzioni per crimini legati agli stupefacenti sono ancora praticate in 30 stati e anche se sono diminuite significativamente, come si legge nel rapporto, «da almeno 272 nel 2017 ad almeno 30 lo scorso anno, rappresentano ancora il 6% di tutte le condanne registrate a livello mondiale nel 2020».

Ma ciò che desta allarme nell'organizzazione, è quante persone sono state condannate a morte nel 2020, ovvero 179. Amnesty scrive che «in Malesia, la grande maggioranza delle donne condannate a morte, soprattutto le donne straniere, sono condannate a morte per traffico di droga, un reato che comporta automaticamente la pena capitale». 

Come dichiara Rajat Khosla, direttrice senior del settore Ricerca, advocacy e politiche di Amnesty international, spesso la giustizia non considera «le circostanze attenuanti, come gli abusi, le violenze e gli abusi sessuali subiti da queste donne per molti anni». In tutto nel 2020 sono state giustiziate 16 donne, ovvero il 3% delle esecuzioni totali: otto in Iran, quattro in Egitto, due in Arabia Saudita e una in Oman. Ma l'organizzazione tiene a precisare che è difficile ottenere questi dati e avere in mano le sentenze delle condanne a morte. Infatti potrebbero essere di più, considerando soprattutto che è noto che in Cina venga praticata la pena capitale, ma non si sa chi, come e perché.

Khosla afferma inoltre che «fino a quando tutti i paesi non avranno abolito questa sanzione noi continueremo a fare campagna per ottenere questo risultato. Insieme possiamo contribuire a far sì che questa punizione crudele sia consegnata ai libri di storia».

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