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La Grecia nella morsa del fuoco: scene di orrore tra le fiamme, come nel 2018

Il racconto di chi ha visto morire amici e parenti e di chi è stato impegnato nelle operazioni di soccorso e spegnimento
Il racconto di chi ha visto morire amici e parenti e di chi è stato impegnato nelle operazioni di soccorso e spegnimento

La Grecia è in fiamme da settimane. Il cielo sopra la bella isola di Evia, nota anche come Eubea, è rosso fuoco e si fatica a respirare tanto l’aria è impregnata di fumo. I media locali trasmettono, notte e giorno, scene drammatiche di persone che scappano: turisti fatti evacuare dai villaggi vacanza, residenti stremati dopo giorni di lotta contro gli incendi. Si vedono ragazzi che issano anziani e disabili su sedie portate da casa per provare a trasportarli sui traghetti che li condurranno in salvo. Ci sono bambini che tentano di salvare i propri agnelli portandoli al collo e famiglie intere che piangono la morte di familiari, amici e vicini di casa.

keystone-sda.ch / STF (Petros Karadjias)

«È come un'apocalisse» - Oltre mille persone sono state tratte in salvo grazie ai traghetti: gli incendi che dal 3 agosto stanno martoriando Evia hanno reso impossibile l’utilizzo di qualsiasi altro mezzo di trasporto. In un video, diffuso dall’emittente britannica Sky News, l’orizzonte oltre lo specchio d’acqua è un enorme muro di fuoco a causa degli incendi appiccati nelle colline. «Qui è come un apocalisse. Non so in che altro modo descrivere la situazione» ha dichiarato il capo della Guardia costiera nella città di Adipos all’emittente statale Ert. Il viceministro greco per la Protezione civile Nikos Hardalias, dal canto suo, ha affermato che «i pompieri hanno dovuto affrontare condizioni eccezionalmente pericolose e senza precedenti» nel tentativo di spegnere i 154 appiccati in varie parti del territorio. Carmen, una trentenne veronese in vacanza ad Atene insieme al compagno, ha raccontato all’Ansa che «abbiamo visto le fiamme all’uscita dall’autostrada, mentre tornavamo ad Atene. Ci siamo fermati e si vedeva addirittura la cenere che cadeva, c’era anche l’Acropoli coperta di cenere. Lungo l’autostrada si vedevano le fiamme e molto fumo e abbiamo notato che c’erano persone che stavano facendo raccolta di generi alimentari per aiutare gli sfollati».

Il villaggio di Ellinika, situato nel nord dell’isola di Evia, è circondato dalle fiamme. Sabato il fuoco è arrivato anche nella città di Pefki ma i pompieri sono riusciti a mettere in salvo i turisti e la popolazione locale, che ha trascorso la notte proprio sul traghetto inviato in soccorso dei presenti. A oggi, più di duemila isolani hanno trovato riparo in alloggi di emergenza - dai traghetti alle imbarcazioni militari e della Guardia costiera.

keystone-sda.ch / STF (Petros Karadjias)

«Situazione insopportabile» - Le aree più colpite dagli incendi sono state il Peloponneso, l’Attica, la Focide e la regione di Atene. Secondo la European Forest Fire Information System, negli ultimi dieci giorni le fiamme hanno distrutto oltre 56mila ettari di terreno a fronte di una media stagionale, stimata tra il 2008 e il 2020, di 1700 ettari. Oltre 300 famiglie hanno visto la propria casa distrutta. «È una situazione insopportabile» ha denunciato il sindaco di Mantoudi Giorgos Tsapourniotis. «Diversi villaggi si sono salvati solo perché i giovani hanno ignorato l’ordine di evacuazione e sono rimasti a impedire che le fiamme raggiungessero le loro abitazioni». La densità del fumo e le forte raffiche di vento, infatti, hanno reso ancora più duro il lavoro dei pompieri impegnati a spegnere gli oltre 60 roghi ancora attivi. Uno di loro ha perso la vita dopo essere stato colpito da un traliccio, mentre altri due suoi colleghi sono stati ricoverati in terapia intensiva. Tra le vittime vi è anche Konstantinos Michalos, presidente dell’Unione delle Camere di commercio, che si era recato nella propria fabbrica a Kyoneri minacciata dalle fiamme. Qui, colto dalla drammaticità della situazione, ha avuto un infarto che gli è stato fatale.

Per ragioni ancora ignote, un aereo Pezetel dei pompieri si è schiantato al suolo mentre era impegnato nelle operazioni di spegnimento delle fiamme nell’isola di Zante, nella Grecia occidentale. Fortunatamente, il pilota è stato tratto in salvo e non la sua vita non è in pericolo. 

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«Seri segnali» di dolo - Il personale sanitario - coadiuvato da un team di esperti che ha prestato servizio in aree sconvolte dalla tragedia dello tsunami in Asia o del volo abbattuto sui cieli dell’Ucraina - ha dichiarato di trovarsi di fronte «a una situazione senza precedenti». Secondo quanto dichiarato dalle autorità greche, ci sono «seri segnali» che gli incendi abbiano origine dolosa e le indagini sono state affidate alla sezione dell’antiterrorismo. È stato accertato che decine di roghi sono divampati quasi contemporaneamente in diverse zone dell’Attica e la situazione è divenuta in breve tempo così drammatica che il vicesindaco di Megara ha fatto appello ai propri cittadini «di dirigersi verso Corinto per proteggere se stessi e i propri figli». È molto probabile che i piromani siano entrati un azione per facilitare la speculazione edilizia e saccheggiare le case di villeggiatura dei ricchi turisti che a migliaia si riversano in Grecia ogni estate.

La tragedia del 2018 - Quanto accaduto in queste settimane ricorda la tragedia degli incendi boschivi che ha devastato la stessa Grecia nel 2018. Secondo quanto raccontato, all’epoca, da un
cronista della città di Rafina, vicina all’epicentro dell’incendio di Penteli, «la gente piange, urla al telefono, mentre bruciano le auto parcheggiate e le sirene risuonano ovunque. L’aria è torrida, le fiamme sono vicine». Sempre a Rafina, una delle cittadine dell’Attica più colpite, il sindaco Evangelos Bournos aveva dichiarato di temere che le vittime potessero essere oltre un centinaio e che 1.500 case fossero state distrutte dalle fiamme. Il maggior numero di vittime era stato registrato nelle vicinanze della località balneare di Mati, distante 40 chilometri circa dalla capitale, dove venne rinvenuto un gruppo di 26 persone carbonizzate nel cortile di una villa. Una testimone dichiarò che «Mati non esiste più. Ho visto cadaveri, automobili e case bruciate. Sono fortunata a essere ancora viva». 

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I corpi senza vita di donne e bambini abbracciati furono rinvenuti dalla Guardia costiera greca non distanti dalla spiaggia di Argyri. Con tutta probabilità alcune persone avevano cercato di sfuggire alle fiamme dirigendosi verso il mare, ma una scogliera li aveva poi costretti a tornare indietro per cercare un’altra via di fuga, intrappolandole tra le fiamme. Un uomo, tre donne e
un bambino erano stati recuperati, ormai cadaveri, nelle acque al largo di Rafina. Chi riuscì a scappare raccontò che «il fuoco ci ha bruciato la schiena. Siamo scappati verso il bagnasciuga ma le fiamme ci hanno inseguito fino all’acqua». L’orrore di quanto accaduto anni fa è ancora vivo nella memoria della popolazione greca che, anche questa estate, si trova a fronteggiare il dramma degli incendi.

All’obitorio di Atene i medici legali sono stati chiamati a esaminare i resti carbonizzati di coloro che hanno trovato la morte. Ci vollero cinque giorni per comporre ed esaminare i cadaveri di 86 persone, molte delle quali morirono per cause legate al fuoco, mentre altre sono annegate in mare mentre cercavano una via di scampo dall’inferno di fuoco che ha circondato le loro abitazioni. I sopravvissuti parlarono di 4 o 5 ore passate in un mare tinto di rosso vivo per il bagliore delle fiamme. Tra i feriti gravi vi furono anche una ventina di bambini.


Appendice 1

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