Il provvedimento è stato dichiarato dall'Oms dopo che la malattia ha oltrepassato i confini cinesi: 98 i casi registrati in 18 Paesi
GINEVRA - L'epidemia di coronavirus è un'emergenza sanitaria mondiale. Dopo una prima fase di cautela, l'Oms ha certificato che il livello di attenzione massima ha oltrepassato i confini cinesi. Nel Paese asiatico i numeri continuano a correre: i contagi sono oltre 8.100, le vittime 170. La Cina è sempre più isolata, dopo che la Russia ha chiuso il confine orientale e altre compagnie aeree internazionali hanno interrotto i collegamenti.
98 casi in 18 Paesi - In un'ennesima giornata contrassegnata da nuovi contagi, vittime e Paesi colpiti dal coronavirus, il direttore generale dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus ha convocato una riunione d'emergenza dei suoi esperti a Ginevra. In conferenza stampa, ha lodato «gli standard di risposta» della Cina all'epidemia, che hanno consentito finora di circoscrivere i casi all'estero a 98 in 18 Paesi, e senza al momento fare vittime. E tuttavia, ha aggiunto, «sebbene questi numeri siano piccoli, dobbiamo agire insieme per limitare ulteriormente la diffusione del virus»: così ha dichiarato «un'emergenza sanitaria globale».
Ovunque in Cina - In Cina l'infezione è arrivata ovunque, toccando anche il Tibet. La maggior parte dei contagi resta concentrata nella provincia epicentro di Hubei, dove quasi 1.400 persone sono gravi. Sui loro profili ci sono ancora scarse informazioni. La rivista scientifica The Lancet, analizzando 99 ricoveri a Wuhan, ha rilevato che la quasi totalità sarebbe scaturita dalle esposizioni al pesce e agli animali selvatici del mercato di Wuhan, mentre i primi casi di contagio uomo a uomo sono arrivati diversi giorni prima.
Maschi e anziani - La malattia sembra aggredire soprattutto anziani maschi con problemi medici precedenti. Gli esperti cinesi osservano che con adeguate misure di contenimento e prevenzione i contagi potrebbero calare, ma la priorità è trovare un vaccino: secondo i ricercatori cinesi, serviranno almeno 3 mesi. Un laboratorio in California ha previsto i primi test tra giugno e luglio. Al lavoro anche russi e australiani.
Primi due casi in Italia - Il coronavirus nel frattempo è approdato in altri due Paesi, l'India e le Filippine, portando ad oltre un centinaio i casi in 20 nazioni. Negli Stati Uniti si è registrato il primo contagio uomo a uomo, di infezione contratta fuori alla Cina, come era già accaduto in Vietnam, Giappone e Germania. In Italia seimila turisti di una nave della Costa Crociere sono stati bloccati a bordo, nel porto di Civitavecchia, per verificare due casi sospetti su una coppia cinese, poi risultati negativi. Ma il sospiro di sollievo è durato poco. Visto che poco dopo, il premier Conte ha reso noto i primi due casi di contagio in Italia: due turisti cinesi che si trovavano in vacanza a Roma.
Cina sempre più isolata - In questo stato di cose la barriera d'isolamento intorno alla Cina si sta allungando. La Russia ha chiuso oltre 4mila km di confine orientale, sempre più Paesi stanno sconsigliando ai propri cittadini i viaggi non necessari. Diverse compagnie aeree - dopo Lufthansa, British e Klm, anche Air France - hanno fermato i voli da e per la Cina. Per la seconda economia del mondo i contraccolpi sono durissimi, non solo sul fronte del turismo, perché anche i grandi colossi internazionali con basi nel Paese corrono ai ripari. Google, Ikea, Starbucks e Tesla hanno chiuso i loro negozi o sospeso le operazioni e dopo Toyota anche la Bmw ha fermato tre stabilimenti e Volkswagen ha allungato le ferie dei dipendenti. A risentirne è anche il settore sportivo: sospese le gare di sci e di atletica indoor, ora rischia anche il gran premio di Shanghai. Il governo ha stanziato 3,5 miliardi di dollari in sussidi e il presidente Xi Jinping ha minacciato di punire severamente i funzionari che non seguissero le regole per far fronte all'epidemia. Nel mirino le violazioni della gestione delle risorse, gli atti illegali o le bugie.
In attesa di rimpatrio - Il caos in Cina ha delle conseguenze anche sui rimpatri delle migliaia di stranieri bloccati a Wuhan, perché i singoli Paesi attendono, in una sorta di coda, l'autorizzazione di Pechino a partire. Gruppi di americani e giapponesi sono già rientrati da Wuhan, 200 francesi sono partiti, l'evacuazione dei britannici è stata posticipata di un giorno.
L'Oms non raccomanda la limitazione dei viaggi - L'Oms «non raccomanda di limitare i viaggi, il commercio e il movimento (della popolazione) e si oppone persino a qualsiasi restrizione di viaggio». Lo ha precisato Tedros Adhanom Ghebreyesus al termine del comitato d'emergenza. «Raccomandiamo a tutti gli Stati di applicare misure fondate come appoggiare Paesi con sanità debole, accelerare sui vaccini, contrastare la diffusione di voci infondate». Il direttore generale dell'Oms ha concluso che «il solo modo di sconfiggere questa epidemia è che tutti i Paesi lavorino insieme in uno spirito di solidarietà e cooperazione».
Cos'è la dichiarazione d'emergenza dell'Oms
La dichiarazione di 'Emergenza Internazionale di Salute Pubblica' (o Pheic, Public Health emergency of International Concern), proclamata questa sera per il coronavirus cinese, è usata dall'Oms per «un evento straordinario che costituisce un rischio di salute pubblica per diversi Stati attraverso la diffusione internazionale di una malattia, e che potenzialmente richiede una risposta coordinata a livello internazionale». Ecco come si arriva a questa definizione, le cui procedure sono state definite nel 2005 proprio a seguito dell'epidemia di Sars.
I criteri - La definizione, spiega il sito dell'Oms, implica una situazione che sia «seria, improvvisa, inusuale o inattesa», che abbia «implicazioni per la salute pubblica al di là dei confini dello stato affetto» e che «richieda immediata azione internazionale». La dichiarazione di per sé non è legalmente vincolante per gli Stati, ma ha lo scopo di alzare il livello di attenzione e il coordinamento internazionale. «È una sorta di allarme globale», spiega a Nature Lawrence Gostin della Georgetown University.
Il comitato - A decidere dell'eventuale dichiarazione è un comitato di esperti nominato dal direttore generale dell'Oms, che deve contenere almeno un membro dello stato da cui si origina l'emergenza. Nel caso del coronavirus cinese del comitato fanno parte 20 esperti, 15 come membri effettivi e 5 'advisors', e il presidente è Didier Houssin dell'Agence Nationale de Securité Sanitaire, de l'alimentation, de l'environnement et du travail francese. Il comitato, oltre a decidere se un evento merita lo status di Pheic, formula le raccomandazioni per lo Stato colpito e tutti gli altri, comprese eventuali restrizioni ai viaggi o ai commerci.
I precedenti - La prima dichiarazione di Pheic è stata fatta nel 2009 durante la pandemia d'influenza "suina". Nel 2014 hanno ricevuto lo status l'epidemia di polio e quella di Ebola, nel 2016 l'epidemia di Zika e nel giugno 2019 l'epidemia di Ebola in corso in Congo, dopo la scoperta di casi in Uganda. Quest'ultima insieme a quella di polio è l'unica emergenza ancora attiva.