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ITALIAParco nazionale d'Abruzzo: è morta a 30 anni l'orsa Yoga

01.07.19 - 17:33
Era diventata famosa alla fine degli anni '90 del secolo scorso per le scorribande nei paesi del Parco
Parco Nazionale
Parco nazionale d'Abruzzo: è morta a 30 anni l'orsa Yoga
Era diventata famosa alla fine degli anni '90 del secolo scorso per le scorribande nei paesi del Parco

L'AQUILA - È morta a 30 anni l'orsa Yoga, diventata famosa alla fine degli anni '90 del secolo scorso per le scorribande nei paesi del Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise. Si tratta di «un'età assolutamente rilevante per un orso», scrive il Parco.

Dopo un lungo periodo nell'area faunistica di Villavallelonga (L'Aquila), dall'agosto 2017 era ospitata nel Centro Visite di Pescasseroli; sono stati i custodi a trovarla senza vita domenica mattina.

Nel 2018 l'orsa aveva subìto un importante intervento a causa di alcune ernie midollari alla colonna vertebrale che le stavano paralizzando gli arti posteriori; aveva poi ricominciato a camminare, ma aveva ovviamente problemi legati all'età. Ora nella sede di Teramo dell'Istituto Zooprofilattico di Abruzzo e Molise con l'autopsia sarà accertata la causa ultima di morte.

Yoga, ricorda una nota del Parco, cominciò da giovanissima a frequentare la Camosciara, in estate, cercando di rubacchiare cibo ai turisti pronti a fare un pic-nic. Con il tempo, però, divenne sempre più confidente, avvicinandosi ai campeggi. Finché un giorno arrivò a Opi (L'Aquila) durante la festa patronale, spaventando tutti coloro che erano in piazza; poco tempo dopo entrò nella cantina di una casa, a quel punto il Parco prese la decisione di ridurla in cattività.

«Una scelta dolorosa, ma necessaria a garantire l'incolumità delle persone e della stessa orsa, che se avesse continuato le incursioni poteva trovare la morte a causa di eventi accidentali legati all'uomo».

Yoga e Sandrino sono stati gli orsi più famosi del Parco, due ambasciatori della specie di orso bruno marsicano, che può arrivare a vivere 35-40 anni. Yoga ha rappresentato il primo, e finora unico, caso in cui l'Ente Parco ha ridotto in cattività un orso problematico; una scelta dettata da ragioni di opportunità oggettive, «da cui tanto abbiamo imparato e che ci hanno consentito di sviluppare procedure e metodi di gestione più utili e funzionali per mitigare il conflitto orso-uomo».
 
 

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