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ITALIAFormigoni condannato a 6 anni per corruzione

22.12.16 - 14:55
La sentenza è relativa al processo sul caso Maugeri. È stato prosciolto invece dall'accusa di associazione per delinquere
Formigoni condannato a 6 anni per corruzione
La sentenza è relativa al processo sul caso Maugeri. È stato prosciolto invece dall'accusa di associazione per delinquere

MILANO - L'ex governatore della Lombardia e senatore di Nuovo centro destra (Ncd) Roberto Formigoni è stato condannato a Milano a 6 anni di carcere, per corruzione, nell'ambito del processo sul caso Maugeri. È stato prosciolto invece dall'accusa di associazione per delinquere.

Per lui anche l'interdizione per 6 anni dai pubblici uffici, confiscati beni per 6,6 milioni di euro, tra quadri, quote di proprietà di sette 'abitazionì (da San Remo a Lecco fino ad Arzachena), di due box, di un terreno, di un ufficio e di un 'negoziò a Lecco, oltre a tre auto e conti correnti.

Condannati anche i presunti collettori delle tangenti, Pierangelo Daccò (9 anni e due mesi), e l'ex assessore regionale, Antonio Simone (8 anni e 8 mesi).

In totale, i giudici della decima sezione penale (Gaetano La Rocca, Angela Laura Minerva, Marco Formentin) hanno disposto confische a carico di Formigoni, del faccendiere Pierangelo Daccò, dell'ex assessore lombardo Antonio Simone, dell'ex direttore amministrativo Costantino Passerino e dell'imprenditore Carlo Farina per quasi 70 milioni di euro.

La stessa cifra che i pm contestavano come uscita, attraverso false consulenze, dalle casse della Fondazione Maugeri (61 milioni) e del San Raffaele (9 milioni), soldi in parte serviti, secondo l'accusa, per corrompere Formigoni.

Con la sentenza i giudici hanno decretato a carico di Formigoni anche la incapacità «di contrattare con la pubblica amministrazione per tre anni», mentre hanno stabilito che i due reati di corruzione contestati e per cui è stato condannato decorrono dal settembre 2006 e sono state escluse le vicende di Tradate, Camaldoli e Dardanoni.

Le provvisionali di risarcimento di tre milioni, in totale, a favore della Regione Lombardia sono da ritenersi a carico in solido tra Formigoni, Daccò e Simone.

Per Daccò è stata decisa una confisca di circa 34 milioni di euro, la più alta tra gli imputati. Nel processo i pm avevano fatto acquisire verbali, e-mail e documentazione contabile riferibile "all'acquisto di alcuni quadri", tra cui una "Madonna del '600 e altri dipinti di scuola lombarda e napoletana" che sarebbero stati regalati all'ex Governatore.

Nell'ambito delle indagini sulle presunte spese 'pazzè dell'ex presidente di Ferrovie Nord Milano Norberto Achille, infatti, il responsabile di un audit interno aveva spiegato che "sono stati individuati 4 quadri" che sarebbero stati regalati all'allora Governatore. Da qui la confisca dei dipinti.

Ricorreremo in appello - «Non condividiamo la sentenza e presenteremo ricorso in appello dopo aver letto le motivazioni: ci preme sottolineare che è caduta l'accusa di associazione per delinquere sulla quale poggiava l'impianto accusatorio, che rivela un certo carattere di montatura». Lo ha spiegato all'ANSA l'avvocato Luigi Stortoni, uno dei difensori di Roberto Formigoni.

«L'assoluzione dei funzionari della Regione dimostra che le attività erano svolte in maniera legale - ha proseguito - e che la sanità lombarda era gestita correttamente. Questo conferma che i cosiddetti benefit non erano corruzione ma 'cortesiè. Andremo davanti alla Corte d'Appello - ha concluso - sono convinto che un clima rasserenato dal tempo consentirà di valutare la realtà dei fatti e anche questa condanna per corruzione verrà superata».

Formigoni: «Sentenza ingiusta, amareggiato ma sereno» - «Ritengo ingiusta la sentenza di oggi e la impugnerò, convinto che la mia piena innocenza sarà alfine riconosciuta». Inizia così la dichiarazione che Roberto Formigoni ha diffuso quattro ore dopo essere stato condannato a 6 anni per corruzione.

L'ex presidente della Regione Lombardia si è detto ovviamente amareggiato ma sereno e conta di provare la sua innocenza in secondo grado: «Mai ho lasciato che interessi personali influissero sulle scelte di governo della cosa pubblica».
 
 

 

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