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STATI UNITIScarcerati grazie al Covid: dovranno tornare in prigione una volta terminata la pandemia?

13.09.21 - 06:00
Migliaia di detenuti aspettano di sapere cosa li attende, e sperano nella clemenza di Joe Biden
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Scarcerati grazie al Covid: dovranno tornare in prigione una volta terminata la pandemia?
Migliaia di detenuti aspettano di sapere cosa li attende, e sperano nella clemenza di Joe Biden

NEW YORK - Grazie al Cares Act, circa 4'500 detenuti con problemi di salute l'anno scorso hanno potuto lasciare le prigioni degli Stati Uniti a causa della pandemia. I detenuti devono sottostare a regole ferree durante il confinamento domiciliare: ad esempio devono portare una cavigliera con gps, possono lasciare la propria abitazione solamente per lavorare, fare la spesa o andare dal medico. Ma questa disposizione ha ridato un po' di libertà a migliaia di persone, che hanno così potuto riabbracciare i propri cari in un difficile momento, e reinserirsi, almeno parzialmente, nella società. 

Tuttavia il provvedimento firmato da Donald Trump prevede che, una volta finita la pandemia, i detenuti tornino in prigione per scontare la pena rimanente. Una decisione che non va giù a chi in questi mesi si è rimesso in gioco, anche lavorativamente parlando, racconta la Nbc. 

Molte le associazioni che stanno chiedendo al presidente Joe Biden di commutare le sentenze dei detenuti posti in confinamento domiciliare. Tuttavia anche la nuova amministrazione intenderebbe seguire quanto deciso dal predecessore: i detenuti avranno un mese di tempo per tornare in carcere una volta che verrà tolto lo stato di emergenza legato alla pandemia. Uno spiraglio ci sarebbe soltanto per coloro che stanno terminando di scontare la propria pena. Per altri casi potrebbe invece essere esteso il confinamento domiciliare, ma dovrà essere valutato ogni singolo caso. 

«Migliaia di persone sono state rimandate a casa più di un anno fa. Hanno seguito le regole, si sono reintegrati con le loro famiglie, hanno trovato un lavoro e stanno contribuendo alla società. Non ha senso rimandarli in prigione» ha affermato Kevin Ring, presidente di Families Against Mandatory Minimums, che da gennaio sta cercando di portare il problema all'attenzione del presidente Biden. 

Problemi di gestione - Il provvedimento ha anche creato problemi nella gestione di migliaia di detenuti, che da un giorno all'altro dovevano essere costantemente monitorati. Non vi sarebbero infatti regole o procedure universali. C'è persino chi viene svegliato ogni due ore da una telefonata per confermare di essere in casa anche nel pieno della notte. E non sono mancati anche diversi problemi legati al gps, che non sempre fornisce la posizione esatta. «Abbiamo esaminato numerosi casi in cui i detenuti ai domiciliari sono stati falsamente accusati di violazioni delle condizioni di reclusione» ha raccontato sempre alla Nbc Amy Povah, presidente dell'associazione Can-Do che sostiene la clemenza per tutti i criminali non violenti condannati per droga. «Il gps non è sempre preciso». Emblematico il caso di Evan Francis, che è stato accusato di aver fatto un viaggio non autorizzato di quasi 200 chilometri. Peccato che il gps abbia indicato un tempo di percorrenza di soli 32 minuti, fisicamente impossibile.  

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