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ITALIAGreen pass al ristorante: «I gestori non controlleranno i documenti, non è il loro compito»

10.08.21 - 08:53
La ministra dell'Interno italiana ha chiarito che le verifiche d'identità saranno affidate a «controlli a campione».
Keystone
Green pass al ristorante: «I gestori non controlleranno i documenti, non è il loro compito»
La ministra dell'Interno italiana ha chiarito che le verifiche d'identità saranno affidate a «controlli a campione».
A differenza di Italia e Francia, in Svizzera le persone deputate ai controlli devono invece «verificare il nome e la data di nascita con un documento d’identità».

ROMA - Il cosiddetto green pass dovrà essere controllato dai gestori di bar e ristoranti, che però non potranno chiedere di vedere un documento d'identità. Quest'ultimo potrà eventualmente essere verificato solo da agenti di polizia nel corso di «qualche controllo a campione».

Durante una diretta sulla Stampa, la ministra dell'Interno italiana, Luciana Lamorgese, ha chiarito meglio le modalità di applicazione dell'obbligo di certificazione verde in vigore da alcuni giorni nella vicina penisola in molti luoghi al chiuso aperti al pubblico. «Vogliamo che i gestori richiedano il green pass, come quando si va al cinema e si deve mostrare il biglietto. Non si può pensare che questa attività venga svolta dalle forze di polizia perché significherebbe distoglierle dal loro compito primario: la sicurezza del territorio, anche dalla criminalità», ha dichiarato. «Certo, i gestori non potranno chiedere la carta d'identità e quello l'abbiamo già detto in riunione. Non essendo pubblici ufficiali non possono richiederla. Faremo adesso una circolare di chiarimento», ha aggiunto.

A verificare la corrispondenza tra i dati della certificazione verde e i documenti d'identità della persona che l'ha presentata saranno, eventualmente, i poliziotti. «Potrebbe esserci da parte della polizia amministrativa qualche controllo a campione. Questo non lo si esclude assolutamente», ha fatto sapere Lamorgese, lasciando apparentemente intendere che gli accertamenti non saranno a tappeto. Siamo in un fase «successiva», diversa della pandemia, aveva del resto sottolineato poco prima la ministra: «Un numero elevatissimo di noi ha fatto il vaccino» contro il Covid-19, aveva spiegato.

Più risoluta e forse un po' contraddittoria una fonte del Ministero sentita dall'ANSA: «Le forze di polizia sono pienamente impegnate per garantire il rispetto delle regole sull'utilizzo del Green pass», ha affermato. Dall'inizio della pandemia, ha reso noto Lamorgese, in tutta Italia sono stati effettuati «circa 50 milioni di controlli» del rispetto delle normative Covid-19.  

Soddisfatto per l'esonero dei gerenti dal controllo dei documenti d'identità il direttore generale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) di Confcommercio, Roberto Calugi: «Apprezziamo le parole del ministro Lamorgese sul fatto che non spetti ai gestori controllare i documenti, perché questo andrebbe oltre i loro doveri, ma è bene che si faccia chiarezza: se una persona esibisce un Green pass di un'altra persona e viene scoperto nei controlli a campione della polizia, un barista non può esserne responsabile e rischiare a sua volta una sanzione. Perciò bisogna intervenire sul quadro sanzionatorio: si modifichi la norma o almeno si diffonda una circolare ministeriale», ha dichiarato all'agenzia di stampa italiana.

La Certificazione verde, ormai definita dalla stampa italiana e da diversi esponenti politici "Green pass", attesta che si è ricevuta almeno una dose di vaccino oppure si è risultati negativi a un tampone molecolare o rapido nelle 48 ore precedenti oppure si è guariti dal COVID-19 nei sei mesi precedenti. È ormai obbligatoria in molti luoghi al chiuso, tra i quali servizi di ristorazione per la consumazione al tavolo all'interno, spettacoli, eventi e competizioni sportive, musei e mostre, piscine, palestre, sport di squadra, centri benessere (anche interni agli hotel e limitatamente alle attività al chiuso), sagre, fiere, convegni e congressi, parchi tematici e di divertimento, centri culturali, sociali e ricreativi.

Il Certificato Covid-19 svizzero è compatibile, ma, al contrario della Certificazione verde italiana, può essere ottenuto solo dopo la seconda dose di vaccino (oltre che, ovviamente, a seguito di guarigione nei 180 giorni precedenti o tampone negativo non più vecchio di 48-72 ore, a seconda che si tratti rispettivamente di test PCR o rapido).

Al contrario dell'Italia o, per esempio, della Francia, in cui l'accertamento dell'identità è riservato alle forze di polizia, in Svizzera le persone che si occupano del controllo dei Certificati Covid-19 devono «verificare il nome e la data di nascita con un documento d’identità (p.es. passaporto o carta d’identità), assicurandosi in tal modo che il certificato sia stato effettivamente emesso a nome della persona», chiarisce l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) sul proprio sito.

In Svizzera, il Certificato Covid è obbligatorio in discoteche, sale da ballo e grandi manifestazioni (più di 1'000 partecipanti). È invece facoltativo, quindi richiesto a discrezione del gestore o dell'organizzatore, nelle manifestazioni più piccole, nelle strutture per lo sport, la cultura e il tempo libero e nei ristoranti.

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