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"Christiane F - Noi ragazzi dello zoo di Berlino" è il film shock sul mondo della droga che uscì nel 1981.
"Christiane F - Noi ragazzi dello zoo di Berlino" è il film shock sul mondo della droga che uscì nel 1981.
Come è cambiato il mercato degli stupefacenti fino ad oggi? Dall'immagine del drogato sbandato all'insospettabile impiegato in giacca e cravatta.

Era il 1981 quando la storia sconvolgente, di disperazione ed eroina, di Christiane F. portò alla ribalta un dramma generazionale: la droga. Tratto dall’omonimo libro autobiografico di Christiane Felsherinow, il film racconta, in maniera cruda e violenta, la storia di un gruppo di adolescenti berlinesi tossicodipendenti ed il titolo fa riferimento alla stazione della metropolitana Bahnof Zoo, ritrovo e piazza di spaccio, negli anni ’70 ed ’80, dei tossicodipendenti berlinesi.

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Capitolo 1

Noi che non volevamo vedere


Sono passati quarant’anni dall’uscita del film che cambiò per sempre la percezione delle persone riguardo al problema della droga. Prima di esso si cercava di far finta di non vedere i ragazzi-zombie radunati nei giardinetti pubblici o nelle stazioni cittadine. Era più facile pensare che il problema riguardasse solo le persone emarginate, gli sbandati, i fuori casta.

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Quando poi, nelle sale cinematografiche, venne servita la realtà nuda e cruda di un dramma che stava falcidiando una intera generazione, ed iniziarono a morire con una siringa nel braccio il vicino di casa o il proprio figlio, gli occhi si spalancarono all’improvviso. Ma era comunque troppo tardi. La droga aveva già allungato i suoi tentacoli mortiferi e, da allora, non c’è stata generazione che non abbia fatto i conti con essa. Sono cambiate le modalità di assunzione ed il tipo di droga richiesto, passando dagli eroinomani degli anni ’70 ai rampanti consumatori di cocaina degli anni ’80 fino alle droghe sintetiche che sballano i giovani dei nostri giorni, ma la sostanza del problema è immutato e nessuno può più dichiararsene estraneo.

La ‘peste’, come venne definita all’epoca, l’eroina, divenne sempre più richiesta intorno agli anni ’50 e ’60 quando, dopo essere stato bandito il suo utilizzo farmacologico, aumentò il consumo di tale sostanza grazie anche alla diffusione di laboratori clandestini nei quali veniva prodotta partendo dall’oppio e dalla morfina.

La rotta di Marsiglia - Uno dei più grandi aveva sede a Marsiglia e sintetizzava eroina, chiamata ‘brown sugar’ in quanto simile allo zucchero di canna, utilizzando l’oppio proveniente dalla Turchia, per poi rivendere il prodotto finito prevalentemente negli Stati Uniti. Dopo una vasta operazione di polizia, condotta agli inizi degli anni ’70, si aprì una nuova rotta clandestina tra la Birmania, Thailandia e Laos, denominato il ‘Triangolo d’oro’ dove l’eroina veniva prodotta nei numerosi laboratori presenti in questi paesi.

La rotta birmana - La variante ‘white China’ raggiungeva poi i paesi occidentali passando per la Birmania e Hong Kong mentre l’eroina ‘brown sugar’ continuava ad essere prodotta in Pakistan ed Afghanistan. Partita in sordina, l’eroina, in breve tempo, divenne una costante in tutte le maggiori città dove era aumentata a dismisura la presenza di tossicodipendenti che vivevano in strada e si procuravano i soldi necessari per bucarsi rubando o prostituendosi. La morte per overdose divenne una vera piaga sociale dovuta, molto spesso, ad eroina tagliata diversamente e cioè con meno sostanze inerti o in dose più massiccia.

L'incubo Aids - Il suo consumo comportava anche una serie di patologie collaterali quali epatiti, endocarditi e Aids. La trasmissione dell’Hiv avveniva a causa di rapporti sessuali promiscui e non protetti, non erano pochi i tossicodipendenti che si prostituivano per soldi, ma soprattutto a causa dell’uso di scambiarsi le siringhe già adoperate da altre persone. Le ‘spade’, ossia le siringhe usate e abbandonate per terra, insieme alle fiale di droga divennero un panorama tristemente noto non solo nelle grandi città ma anche nei piccoli centri abitati: la ‘peste’ si era drammaticamente diffusa in ogni strato della società.

Ogni città aveva i luoghi deputati al ritrovo dei tossici e molti giardinetti pubblici smisero di essere luoghi di gioco per diventare teatro di morte e dolore. Fece storia la fotografia del sacerdote che impartisce una pietosa benedizione sul cadavere di un ragazzo trovato morto per overdose su di una panchina in Bovisa, a Milano. Era l’emblema di un periodo storico in cui tanti, troppi, giovani andarono incontro alla morte con un ago conficcato nel braccio.


Capitolo 2

Benvenuti a Platzspitz


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A Zurigo, incastonato tra la stazione centrale ed il museo civico cittadino, posto tra i fiumi Sihl e Limmat, si trova il parco pubblico Platzspitz che negli anni ’80 divenne un enorme centro di ritrovo per i tossicodipendenti svizzeri e non solo. Il contrasto tra la vita fuori e dentro il parco era veramente stridente: nel centro di una delle città più ricche d’Europa, sede di banche ed uffici rinomati a livello internazionale, tra boutique e uomini d’affari in giacca e cravatta, un affollamento di persone disperate si ammassano in cerca di droga tra le panchine del parco cittadino.

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Un parco di zombie - Simile ad un inferno dantesco, migliaia di giovani, anche 10 mila in un giorno, dallo sguardo spento e dalle vene sclerotizzate si dedicavano ad un’unica occupazione: quella di iniettarsi eroina nelle poche vene rimaste ancora utilizzabili. Alcuni cadaveri giacevano riversi per terra o nelle panchine ma i disperati di ‘Needle Park’, ossia il Parco degli Aghi come venne ribattezzato il Platzspitz, erano incapaci di prestare loro soccorso. La leggenda vuole che avvicinandosi al parco si potesse sentire l’odore della morte ma, di fatto, si trattava di un misto di urina, vomito, cibo inscatolato scaduto e sudore causato dalle crisi di astinenza e dalla assenza di igiene personale che vigeva al suo interno.

Un prato di siringhe - Nelle aiuole e nei sentieri si poteva trovare un tappeto di siringhe insanguinate che venivano poi raccolte e riutilizzate dai tanti disperati del ‘Parco degli Aghi’. Platzspitz divenne, in breve tempo, una meta imprenscindibile per milioni di tossicodipendenti provenienti da tutta la Svizzera ma anche dai Paesi vicini, Italia e Germania in particolar modo. Regno incontrastato degli spacciatori che, come predatori, circondavano la vittima predestinata in cerca di una dose di eroina.

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Cadaveri nel fiume - Tante le vite spezzate: molti ragazzi vennero ripescati morti nel fiume Limmat: si calcola che 21 tossicodipendenti persero la vita all’interno del Parco tra il 1987 ed il 1992, e che i soccorritori dovettero rianimare oltre 3.600 giovani agonizzanti. Il tutto sotto gli occhi della inerte politica locale la quale autorizzava dei controlli sporadici di polizia per lavarsi la coscienza. Di fatto dai blindati delle forze dell’ordine non scendeva alcun poliziotto, anche perché non autorizzati ad effettuare fermi o arresti, e la ronda aveva il solo scopo di verificare che non si appiccassero incendi o scoppiassero risse. Ogni mattina un pullmino, chiamato ‘Blitzbus’, caricava i frequentatori del ‘Needle Park’ disposti a lavorare per guadagnarsi i soldi per la dose di eroina senza ricorrere a furti o scippi, mentre diversi volontari distribuivano cibo e siringhe nuove ai più bisognosi.

 L'eroina di Stato - Negli anni ’80 l’economia svizzera era molto florida ma il nostro Paese deteneva il drammatico primato di nazione europea con più malati di Aids. Ciò a riprova che l’equazione droga uguale emarginazione e povertà era ormai insufficiente per inquadrare un fenomeno tanto dilagante e sconvolgente. Nel 1991 l’allora ministro per le politiche sociali, Emilie Lieberherr, propose di legalizzare la somministrazione di eroina, morfina e metadone ai tossicomani all’ultimo stadio ed ai malati di Aids; la mozione venne accolta l’anno dopo e passò alla storia come ‘Eroina di Stato’. Il 5 febbraio 1992, dopo anni di tollerata zona franca, il parco venne sgombrato ed i tossicodipendenti, privati del loro rifugio, iniziarono a trascinarsi senza meta in ogni angolo della città. Oggi circa 1700 tossicomani in tutta la Svizzera si affidono alla distribuzione medicalmente controllata di eroina. In sostanza si recano presso i vari centri specializzati e possono assumere la loro dose quotidiana. Le iniezioni vengono fatte direttamente sul posto sotto gli occhi attenti del personale medico.  La distribuzione controllata di eroina ha permesso di diminuire la trasmissione di malattie, le infezioni e le overdosi. 


Capitolo 3

Le nuove droghe


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Negli anni ’90, grazie anche ad una massiccia campagna di informazione sui pericoli della droga e dell’Hiv, la diffusione dell’eroina subì un notevole rallentamento, senza mai sparire del tutto, ma salirono alla ribalta altre sostanze stupefacenti quali l’ecstasy.

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L'era dello sballo - Iniziò così l’epoca delle droghe ricreative, assunte da persone sempre più giovani, in contesti sociali quali rave party o serate in discoteche. L’ecstasy, e le droghe simili ad essa, vengono definite ‘entactogene’ in quanto favoriscono l’empatia ed il desiderio di stringere rapporti interpersonali. L’ecstasy iniziò a farsi strada tra i giovanissimi, anche grazie al suo aspetto invitante, pasticche colorate e dai loghi divertenti, ed alla facilità di assunzione. Parallelamente all’assunzione dell’ecstasy, crebbe anche il consumo dell’Lsd, anfetamine e alcol, mentre la cannabis veniva usata nella fase di ‘raffreddamento’. In quegli anni si assistette anche all’aumento esponenziale dell’uso della cocaina, favorito dalla diminuzione del suo prezzo e dalla facilità con cui era diventata reperibile. Considerata un tempo la droga dei ricchi ed associata, molto spesso, all’immagine di uomini d’affari rampanti o rampolli benestanti, divenne, in breve tempo, una droga di largo consumo anche da parte dei più giovani.

Inizia l'era "poliabuso" - Il mondo scientifico e gli operatori sanitari si trovarono davanti ad un nuovo e gravoso problema: mentre negli anni ’80, come visto, l’eroina la faceva da padrona, e di conseguenza il piano terapeutico studiato per i tossicodipendenti era abbastanza omogeneo, dagli anni ’90 in poi si assistette a ciò che venne chiamato ‘poliabuso’, ossia l’assunzione in contemporanea di diverse sostanze psicotrope quali cannabis e cocaina ma anche eroina e droghe sintetiche, oltre che sostanze alcoliche. Nei confronti di queste persone non potevano essere utilizzati i metodi curativi utilizzati per gli eroinomani ed inoltre le condizioni sociali ed economiche di tali soggetti non erano assolutamente comparabili con quelle dei tossicomani degli anni ’80. Se allora il tossico era considerato un reietto dalla società, un pericolo per l’ordine pubblico ed un problema da nascondere, con il passare del tempo, l’uso della droga ha avuto sempre meno rilevanza nell’ambito dell’accettazione sociale. La persona drogata non è più identificabile con lo sbandato riverso sulla panchina, volto scavato e occhi persi nel vuoto, ma è mimetizzata nella società: studenti, casalinghe, operai, impiegati. Nessuna categoria sociale è più esclusa dal problema.


Capitolo 4

Le tristi cifre dell'Europa


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Attualmente la droga più diffusa nei Paesi dell’Unione Europea è la cannabis. Si stima che nel 2016 sia stata consumata da 24 milioni di persone di età compresa tra i 15 ed i 64 anni. Quasi 88 milioni di cittadini europei hanno assunto tale sostanza almeno una volta nella vita: di fatto più di un quinto della popolazione europea. La seconda droga più consumata è la cocaina che nel 2016 è stata usata da 3,5 milioni di persone nei paesi dell’Unione Europea. Negli ultimi anni la produzione di cocaina nei paesi dell’America Latina è aumentata e dai sequestri effettuati dalle forze dell’ordine si è anche appurato che il suo grado di purezza non era così alto da almeno dieci anni.

Il record del Belgio - E’ cambiata invece la rotta che segue la cocaina per raggiungere il mercato europeo: se, storicamente, tale droga arrivava dalla Spagna e dal Portogallo, attualmente il suo traffico si è spostato nei porti più settentrionali ed il Belgio si è guadagnato il primato per il maggior quantitativo di cocaina sequestrata negli ultimi anni.

Il primato della Svizzera - Con riguardo alla Svizzera, il consumo di cocaina è più che raddoppiato negli ultimi cinque anni. Nel 2019, secondo recenti studi dell’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, sono stati consumati quasi quattro grammi di cocaina al giorno per mille abitanti nella città di Zurigo. La stessa si trova al secondo posto per consumo di tale sostanza su un campione di 60 città europee ed è superata solo da Barcellona. Nei primi dieci posti della classifica si trovano poi San Gallo, al quarto posto, Ginevra, al quinto posto, Basilea all’ottavo e Berna al nono posto.

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L'era dei farmaci oppiacei - Nel 2017 sono state identificate 51 nuove sostanze psicoattive mentre nel 2014 e nel 2015 erano state cento. Monitorare il consumo di tali sostanze diventa molto difficile perché spesso vengono acquistate su internet e quindi fuori dai canali commerciali canonici. Negli Stati Uniti si assiste, invece, alla crescita esponenziale del consumo di farmaci oppiacei che ha fatto diminuire di due anni l’aspettativa di vita dei cittadini americani. In molti casi tali farmaci sono legali e ciò rende ancora più difficile il contrasto a tale fenomeno che vede coinvolti sempre più persone giovanissime. L’oppiaceo illegale consumato maggiormente nell’Unione Europea rimane l’eroina, seguita però da oppiacei sintetici legali  quali il metadone, la buprenorfina, il fentanil, la morfina e il tramadolo.

Avvelenamenti e morte - La maggior parte di queste sostanze sono particolarmente potenti ed in minima quantità possono causare avvelenamenti potenzialmente mortali da depressione respiratoria rapida e grave. Anche se l’utilizzo del consumo di metanfetamine è minore in Europa rispetto a paesi quali gli Stati Uniti, l’Australia e il continente africano, tuttavia rimane un problema da monitorare seriamente alla luce del fatto che molti paesi europei hanno stretto rapporti con le regioni del mondo che riferiscono problemi legati al consumo di tali sostanze e che il mercato europeo degli stupefacenti sia in continua espansione.

Terapie sostitutive - Con riguardo invece all’analisi dei decessi collegati al consumo di droga si evince che l’età media delle vittime sia aumentato, a partire dal 1996, con una diminuzione delle morti tra i giovani di età inferiore ai 25 anni. Un ambito in piena espansione è quello legato alle terapie sostitutive per le persone che consumano oppioidi: il metadone viene utilizzato in poco meno dell’80% dei casi delle terapie sostitutive in Europa, mentre si sta imponendo sempre più la buprenorfina, utilizzata nel 20% dei casi. Secondo recenti stime il numero di persone in terapia sostitutiva in Europa supera i 500 mila pazienti e dai dati dell’Oms si stima che hanno accesso alla terapia HAART più del 75% delle persone che ne hanno bisogno.


Capitolo 5

C'E' MA NON SI VEDE  


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Come visto, con il passare del tempo e il cambio generazionale, si sono modificate le modalità di assunzione e la tipologia di droghe richieste ma il problema di fondo è rimasto lo stesso. La droga è diffusa capillarmente nella società ed il fatto che sia meno riconoscibile e si sia mimetizzata negli strati più diversi delle categorie sociali, ne rende ancor più difficile il suo contrasto, sia a livello legale che a livello terapeutico.

Le prime cure - Il poliabuso di sostanze stupefacenti ha reso molto gravoso il compito degli operatori sanitari impegnati nello studio di terapie di supporto per i tossicodipendenti. All’epoca in cui si assistette alla diffusione dell’eroina, vennero applicate delle cure messe a punto negli Stati Uniti a partire dalla fine degli anni ’60.

La speranza del metadone - Lo schema di trattamento era noto come ‘blocco narcotico’ e consisteva nel somministrare alle persone tossicodipendenti il metadone, un derivato sintetico dell’oppio che veniva somministrato in forma di sciroppo ed apparentemente privo di effetti collaterali. Il trattamento prevedeva che l’oppioide, una volta assunto in quantità elevate potesse pareggiare gli effetti indotti dalla eroina. Una volta sostituita l’eroina con il metadone, si riduceva gradualmente la sua somministrazione fino alla totale sospensione.

... e il fallimento del metadone - Dopo qualche anno, però, anche il metadone, su cui si era tanto investito, si rivelò utile solo in parte: molti utenti riferivano che, una volta scalato, le crisi di astinenza era peggiori e più durature rispetto a quelle date dall’eroina. Inoltre, erano moltissimi i casi in cui i tossicomani,  durante la fase in cui si riduceva il dosaggio del metadone, tornassero a fare uso di eroina in quantitativi superiori rispetto alla fase precedente il trattamento. Iniziò a proliferare un mercato nero del metadone, e non erano pochi i tossicodipendenti che fingevano di assumerlo per poi rivenderlo e guadagnare i soldi per la dose di eroina.

Due fronti contrapposti - Si aprirono quindi due fronti distinti: da una parte chi era a favore dell’utilizzo del metadone, adottando un programma di mantenimento e non più a scalare, e dall’altra chi, nella volontà di liberare le persone tossicodipendenti dalla droga, vedevano l’incompatibilità tra l’assunzione del metadone ed il reinserimento sociale del tossicomane. Tra coloro che si schierarono contro l’utilizzo del metadone ci furono anche la maggioranza delle comunità terapeutiche sorte  tra gli anni ’70 e gli anni ’80. L’atteggiamento era quello punitivo e tanti tossicomani, indotti dalla necessità di soldi, a compiere atti di micro criminalità quali furti e scippi, si ritrovarono ad affrontare il carcere senza che venisse fornita alcuna assistenza sanitaria. Mentre in molti paesi coinvolti dal problema della droga, sorsero delle cliniche di recupero, sul modello di quelle nordamericane.


Capitolo 6

SAN PATRIGNANO


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In Italia la comunità terapeutica più famosa fu quella di San Patrignano, sulle colline riminesi, fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli. Proprio in queste settimane si è tornati a parlare di San Patrignano, grazie alla docuserie, dal titolo ‘SanPa: luci e tenebre di San Patrignano’ trasmessa da Netflix per la regia di Cosima Spender. In essa, grazie al pregevole montaggio di filmati d’epoca ed alle interviste di coloro che conobbero tale realtà in prima persona, si cerca di approfondire i tanti aspetti positivi, ma innegabilmente anche negativi, che hanno caratterizzato l’operato di Muccioli, suo padre fondatore. Nato in una famiglia della borghesia agraria riminese, Muccioli ricevette dai suoceri una piccola azienda agricola a San Patrignano, nel comune di Coriano in provincia di Rimini, dove avviò una attività di allevamento di cani e galline.

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Dallo spiritismo alla psicologia - Appassionato di esoterismo e spiritismo iniziò anche a praticare delle cure legate alla para psicologia. Sono gli anni in cui l’eroina falcidia milioni di giovani senza che lo Stato intervenga in alcun modo: nasce allora l’idea di dare loro assistenza per liberarsi dalla schiavitù della droga. Profondamente contrario all’uso del metadone ed alla legalizzazione della cannabis, Muccioli sostenne che “Tutti i consumatori di droghe diventano tossicodipendenti e tutti i tossicodipendenti muoiono. Le persone che si rivolgono a San Patrignano devono essere salvate dalla morte, pertanto ogni mezzo è lecito per liberarle dalla droga”. Nel 1981 la comunità ospitò 100 persone, tra ragazzi e ragazze, alcuni con l’esperienza del carcere alle spalle, a cui venne data la possibilità di lavorare attivamente nell’azienda agricola che li ospitava. Nel 1983 gli ospiti furono 300, nel 1985 600 fino ad arrivare ad oltre 2 mila persone agli inizi degli anni ’90. La comunità crebbe a dismisura e gli ospiti vennero suddivisi in settori di lavoro specifici assegnati a dei responsabili scelti dallo stesso Muccioli. Con i ‘suoi’ ragazzi Muccioli adottò, come da lui stesso detto “ogni mezzo” per allontanarli dalla droga, comprese le catene e la privazione della libertà personale per far fronte alle crisi di astinenza. Per i suoi estimatori è un eroe ed un pioniere, ma iniziarono ad addensarsi delle nubi intorno alla sua figura indubbiamente carismatica.

L'arresto - Nel 1980 venne arrestato con l’accusa di sequestro di persona, accusa che verrà reiterata, a lui e ad altri 13 collaboratori, unitamente a quella di abuso dei mezzi di correzione. Nel 1989 venne ritrovato in una discarica di Terzigno, a Napoli, il corpo senza vita di Roberto Maranzano, un ospite fuggito da San Patrignano. Nel 1993, grazie alla testimonianza di un altro ex ospite, si scoprì che Maranzano era stato ucciso al culmine di una lite avvenuta nel reparto di  macelleria della Comunità. Muccioli, che in un primo momento dichiarò di non essere a conoscenza dei fatti, venne processato con l’accusa di omicidio colposo. Assolto per non aver commesso il fatto venne però condannato per favoreggiamento personale. Morì il 19 settembre 1996 a 61 anni per cause mai rivelate ufficialmente. Rimane il mistero di un uomo a cui molti devono la vita: per molti un padre, per tanti altri solo un padrone.


Appendice 1

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