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ITALIAAstraZeneca in ritardo di «due mesi»: «Non abbiamo alcun obbligo verso l'UE»

27.01.21 - 11:23
Il ceo della casa farmaceutica ricorda i tempi dilatati della firma del contratto. Da esso dipende anche la Svizzera.
Keystone
AstraZeneca in ritardo di «due mesi»: «Non abbiamo alcun obbligo verso l'UE»
Il ceo della casa farmaceutica ricorda i tempi dilatati della firma del contratto. Da esso dipende anche la Svizzera.
Una clausola non vincolerebbe il produttore a precisi tempi di consegna. In risposta, Bruxelles chiede ora di rendere pubblica l'intesa.

ROMA - Sotto il fuoco di fila dell'UE - che l'accusa di scarsa trasparenza in merito al motivo dei ritardi nella consegna del suo vaccino - AstraZeneca si difende dalle colonne di alcuni portali d'informazione europei. Alla Welt, l'amministratore delegato Pascal Soriot dice di comprendere che «siamo tutti delusi» mentre a Repubblica spiega che Bruxelles avrebbe tardato a firmare il contratto e accettato di non avere garanzie sulle consegne.

«Il primo contratto di fornitura firmato tra AstraZeneca e il governo Johnson è avvenuto tre mesi prima dell'intesa con l'UE», ossia in maggio 2020, afferma sul sito italiano il ceo della casa farmaceutica britannica. «Si sono organizzati per tempo e hanno avuto una partenza lampo», aggiunge. 

L'anticipo ha permesso infatti al produttore di risolvere prontamente i problemi presentatisi sulla catena di produzione britannica e di consegnare per tempo le dosi ordinate da Londra dopo che il Regno Unito ha approvato il preparato in dicembre. Negli stabilimenti sul continente, invece - dove il prodotto non è stato del resto ancora nemmeno autorizzato - la produzione è partita dopo e, in alcuni siti, risulta «sfortunatamente meno efficiente» per una serie di problemi tecnici.  

«Ma è stato un caso e di certo non lo abbiamo fatto apposta a scapito dell'UE», assicura Soriot che, in sua difesa, ricorda la sua cittadinanza europea (è francese) e quella di altri alti dirigenti dell'azienda.

Nello specifico le difficoltà s'incontrano principalmente nella prima delle due fasi essenziali della realizzazione del vaccino, quella delle colture cellulari, eseguita in Belgio e nei Paesi Bassi (la seconda avviene invece in Germania e Italia). «Nel nostro stabilimento in Belgio, per esempio, l'intoppo è legato al filtraggio del vaccino prima che venga immesso nelle fiale per la distribuzione», fa sapere il ceo di AstraZeneca. I problemi, però, possono essere «di varia natura».

Risultato: AstraZeneca si dice indietro di «due mesi» sulla tabella di marcia, ma rimanda al mittente le accuse di scarsa trasparenza dell'UE e le minacce di cause legali dell'Italia. Il contratto firmato con Bruxelles non vincolerebbe infatti il produttore alla consegna delle 300 milioni di dosi pattuite in tempi specifici, ma parla piuttosto di un «"best effort"» da parte dell'azienda, un massimo sforzo senza alcuna garanzia. «Sia chiaro: non c'è alcun obbligo verso l'Unione Europea», spiega Soriot.

In sede di firma del contratto si è deciso d'introdurre la formula del "best effort" «perché all'epoca l'Ue voleva avere la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto sia stato firmato tre mesi dopo». Bruxelles, insomma, sarebbe stata avvisata.

In seguito alle dichiarazioni di Soriot, l'UE avrebbe però esortato AstraZeneca a rendere pubblico il contratto, fa sapere un non meglio identificato funzionario europeo a Reuters. La clausola del massimo sforzo, precisa, è standard per intese su prodotti ancora in via di sviluppo.

AstraZeneca rigetta poi la velata accusa secondo cui starebbe dando priorità alle consegne al di fuori dell'UE per guadagnare di più. «Al momento all'Europa va il 17% della produzione totale del vaccino di Oxford/AstraZeneca nonostante gli europei siano il 5% della popolazione globale», tuona Soriot su Repubblica. «Inoltre, ricordo che questo è un vaccino senza fini di lucro per noi. Non ne ricaviamo un soldo». La clausola di non trarre profitto dal preparato è stata concordata con l'Università di Oxford quando quest'ultima ha concluso la collaborazione con il produttore condividendo con esso la formula del vaccino.   

La prospettiva, ora, è di consegnare all'UE 17 milioni di dosi entro la fine di febbraio. «Vorremo poter fare molto di più, ma non è neanche poco», sostiene Soriot. «Appena avremo l'approvazione dell'Ema (l'Agenzia europea per i medicinali, che dovrebbe esprimersi venerdì ndr), nei giorni successivi invieremo subito 3 milioni di dosi nell'UE, poi ci sarà un'altra fornitura corposa nella settimana successiva e così nella terza e quarta settimana del prossimo mese», continua.

Per ricevere il vaccino di AstraZeneca, la Svizzera dipende dal canto suo dal contratto firmato tra Bruxelles e il produttore. A inizio ottobre, Berna ha infatti concluso un'intesa con la Svezia, che ordinerà le dosi per i Paesi dell'AELS e le rivenderà loro senza alcun profitto. La consegna, però, avverrà direttamente.

La Confederazione ha ordinato 5,3 milioni di dosi del preparato di Oxford. Il prodotto non è ancora stato approvato da Swissmedic. 

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COMMENTI
 

dan007 3 anni fa su tio
Certamente allora togliamo dagli scaffali delle farmacie tutti i vostri prodotti

Volpino. 3 anni fa su tio
È chiaro che vige il libero mercato, ma in tutto questo c'è anche un obbligo morale da preservare dinanzi tanta sofferenza. Più interessante sarebbe sapere quante dosi di vaccino sono attualmente disponibili, ovvero a quanto ammonta l'attuale stoccaggio?
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