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Un "Dottore in tartufologia" tra i miei cani

ITALIAUn "Dottore in tartufologia" tra i miei cani

21.10.20 - 07:00
Benvenuti nell'unica accademia al mondo per cani da tartufo. Ma non aspettatevi palazzi accademici
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Un "Dottore in tartufologia" tra i miei cani
Benvenuti nell'unica accademia al mondo per cani da tartufo. Ma non aspettatevi palazzi accademici
Entriamo in casa della famiglia Monchiero che insegna loro come trovare il tartufo.

RODDI - "Dottore in tartufologia" è un titolo di studio che esiste ed è rilasciato da una vera e propria università, ma a riceverlo non è una giovane donna, o giovane uomo come solitamente accade: no, a laurearsi questa volta è un cane, maschio o femmina non conta, di razza o meticcio nemmeno. A Roddi infatti, un piccolo paesino nelle Langhe piemontesi (tra gli 11 Comuni in cui l’uva Nebbiolo diventa vino Barolo), vi è l’unica università dei cani da tartufo del mondo, creata nel 1880 e che sorge ai piedi di un castello dell’XI secolo che è stato di proprietà di Gianfrancesco Pico della Mirandola, nipote del più noto Pico della Mirandola.

Ma non si pensi a chissà quale palazzo universitario: la sede di questo originale corso di laurea è la casa della famiglia Monchiero, oggi di Gianni Monchiero, il quale è pure il Magnifico Rettore dell'Università dei Cani da Tartufo. L’università è tutta qui: focolare domestico, una ricca biblioteca sul tartufo e un museo multimediale a cielo aperto, oltre ad saletta dove sono esposte fotografie, dipinti e attrezzi del trifulau, questo il nome del cercatore di questo pregiato prodotto (può arrivare a costare più dell’oro), oltre a qualche prodotto gastronomico locale in vendita.

Una scuola da metà Ottocento col prof. Barot - I Monchiero, dalla metà dell’Ottocento sino a oggi, dirigono la scuola per i cani da tartufo, assurta al rango di università quando Giacomo Morra ne certificò, negli anni Trenta, l’assoluta validità. Fondatore della scuola fu Antonio Monchiero, che voleva addestrare i suoi cani e quelli degli amici: era lui stesso un rinomato trifolau e si guadagnò il nome di Barot perché pare fosse severissimo e che usasse tanto di bastone con i cani poco obbedienti. Fu Barot I. Dal 1930 il figlio, Barot II, partecipò, a nome dell’università familiare e sul carro di Roddi, alla Fiera del Tartufo di Alba, uno degli appuntamenti più conosciuti al mondo per conoscere il prodotto tanto ambito. Barot II montava su un ciabot, ovvero paglia alla rinfusa, un recinto, qualche esemplare di cane da tartufo e sopra l’insegna: “Università dei cani – prof. Barot”.

Per trovare il tartufo i maiali sono gli animali migliori, ma questi ne sono così ghiotti che, una volta scovato, se lo mangiano, mentre i cani, se appositamente addestrati, lo consegnano al padrone che può gustarlo in proprio o venderlo, diventando ricco a fronte di una spesa modica. A Roddi infatti oggi Gianni Monchiero, cioè Barot IV e a sua volta ottimo trifolau, porta avanti la tradizione di famiglia «solo per passione – confida mentre mostra il museo a chi si lascia incuriosire - bastano tre settimane, già dopo i primi giorni si intuisce se c'è talento nel cane. Non esiste la razza più adatta: alla fine i migliori sono i meticci, quelli che in piemontese si chiamano tabui. Qualsiasi cane in realtà può trasformarsi in ottimo cercatore, è tutta una questione d'istinto e di olfatto».

Due tipi di corsi - Il corso ha sede nella casa di Barot IV e nei limitrofi boschi di tartufo. Due le opzioni: la meno impegnativa e che è rivolta anche ai padroni dei cani che, spiega Monchiero, «in due o tre ore di lezione ricevono, insieme ai loro animali, le nozioni base su come far giocare il cane con una finalità possibile di ricerca del tartufo». Può essere un modo per capire se il cane ha talento e quindi passare alla seconda tipologia di corso, quello che dura circa 15 giorni al prezzo di 400 euro, che è irrisorio se si considera non solo il valore commerciale del tartufo, ma anche il fatto che un ottimo segugio può costare anche più di 10mila euro. «I cani che mi lasciano in affido stanno insieme ai miei – spiega il maestro – la prima fase è di gioco, con esercizi, tre o quattro volte al giorno, finalizzati a far riconoscere il tartufo. Dopo qualche giorno si va nei boschi nel percorso della cerca, nelle prime ore della mattina e in quelle del tardo pomeriggio finché non viene buio, a seconda della stagione e del meteo. All’inizio il cane non ama far lezione tutto il giorno, è quindi fondamentale parlarci e motivarlo». Alla fine, con la sua corona d’alloro, l’animale ha tutti i titoli per la sua missione di cercatore...d’oro!

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