Il Portavoce del Ministero degli Esteri cinese ha risposto al polverone di critiche dirette al proprio Paese
PECHINO - La Cina, finita sotto la pressione internazionale a causa delle accuse di presunte omissioni di informazioni e per la cattiva risposta alla pandemia del coronavirus, passa ora al contrattacco.
«Il nemico è il virus, non siamo noi», ha infatti dichiarato il Portavoce del Ministero degli Esteri Geng Shuang in risposta all'ipotesi sollevata dal Presidente statunitense Donald Trump di inviare un team in Cina per indagare sull'origine della crisi, ventilando anche misure punitive in caso di responsabilità da parte di Pechino.
«L'influenza H1N1 scoppiata negli Stati Uniti nel 2009 si è diffusa in 214 Paesi e regioni, uccidendo quasi 200'000 persone, qualcuno ha chiesto un risarcimento agli Stati Uniti?» ha inoltre aggiunto il Portavoce, rivolgendosi direttamente agli Usa.
Tra le tesi che si sono riaffacciate nei giorni scorsi c'è anche quella dell'errore umano all'origine del Covid-19 rilasciato-fabbricato da un laboratorio di virologia di Wuhan, la città focolaio della pandemia. «La sua origine è una questione scientifica, dovrebbe vedere impegnati ricercatori ed esperti sanitari e non essere politicizzata», ha sottolineato Geng, per il quale scienziati ed esperti di gran parte del mondo sono in generale convinti della mancanza di prove che indichi un'origine in laboratorio.
Pechino, inoltre, ha esortato i politici americani come Peter Navarro, advisor sul commercio della Casa Bianca, a «smettere di diffondere voci inseguendo il gioco dell'incolpare altri e a concentrarsi sulla lotta alla pandemia negli Usa». Navarro, parlando domenica alla Fox, ha denunciato che la Cina «è passata da esportatore netto di dispositivi di protezione individuale a grande importatore netto». In sostanza, nel pieno della crisi, ha fatto incetta «per ragioni umanitarie» di materiale medico nel mondo e ora «sta facendo affari». Geng ha affermato che la Cina ha fornito finora agli Usa 1'864 miliardi di mascherine, 29 milioni di tute protettive e 4'410 ventilatori polmonari.
La Cina ha poi respinto la richiesta dell'Australia, aggiuntasi ai Paesi dubbiosi sull'operato di Pechino, tra cui Francia, Gran Bretagna e Germania, di aprire un'indagine che tenga conto anche delle battute iniziali della pandemia. Una richiesta, secondo Geng, irrispettosa verso «gli enormi sforzi e sacrifici del popolo cinese» nella lotta al Covid-19.