Liliana Segre si dice stanca ma non vuole arrendersi nonostante gli insulti, la scorta e una vita completamente diversa
ROMA - «La tentazione di abbandonare il campo ogni tanto si affaccia. Se a quasi 90 anni finisci bersagliata da insulti, sotto scorta, senza più la vita semplice e riservata di prima, credo sia normale chiedersi "ma chi me l'ha fatto fare?". Però dura poco, non sono una che si arrende facilmente». Parla così Liliana Segre, in un'intervista al Corriere della Sera.
La senatrice a vita italiana si dice stanca per la «troppa esposizione, troppo odio, troppe polemiche, troppa popolarità», ma comunque pronta a guidare la commissione anti-odio. «Se me la propongono, sono dell'idea di dire sì. Sono stata in dubbio e certo il calendario degli anni non va indietro. Ma io credo in questa Commissione, dunque spero di reggere».
A chi definisce un «bavaglio» la Commissione, Segre risponde che «sembra una barzelletta: "Qual è il colmo per un'ebrea sefardita? Diventare il capo dell'Inquisizione spagnola". Ma figuriamoci!». E poi spiega: «La Commissione che ho proposto non può giudicare né censurare nessuno e non può cambiare le leggi. Si tratta di studiare un fenomeno, di avanzare proposte su un problema per cui tutti, anche gli esponenti dell'opposizione quando parlano a telecamere spente, si dichiarano allarmati».
A una domanda sull'incontro col leader leghista Matteo Salvini, si limita a rispondere: «Ci siamo impegnati entrambi alla riservatezza per evitare strumentalizzazioni politiche». Infine, quanto alle polemiche su Sesto San Giovanni e Biella, osserva: «Avere creato imbarazzo a quelle giunte mi dispiace. Il caso di Biella è stato però l'occasione di ricevere un fiore raro come il gesto di Greggio, che è molto più di una cittadinanza».