Ha accusato Bolsonaro di essere responsabile dei recenti incendi. Intanto, il presidente brasiliano punta il dito contro Macron
SAN PAOLO - Ambientalisti e antropologi hanno lanciato una campagna per nominare il capo indigeno Raoni per il Premio Nobel per la pace del 2020, in riconoscimento della sua lotta per preservare l'Amazzonia e le comunità locali brasiliane.
Secondo la Fondazione Darcy Ribeiro, che sostiene la candidatura, «l'iniziativa riconosce i meriti di Raoni Metuktire come leader di fama mondiale, il quale, dall'alto dei suoi 90 anni, ha dedicato la sua vita alla lotta per i diritti degli indigeni e alla preservazione dell'Amazzonia».
Raoni, che appartiene alla tribù Kaiapò ed è un'icona delle popolazioni indigene dell'Amazzonia, divenne noto in tutto il mondo come difensore dell'ambiente negli anni '80. All'età di 89 anni, Raoni è stato recentemente accolto dal presidente francese, Emmanuel Macron, durante il G7 di Biarritz, nonché da Papa Francesco a Roma.
Il leader indigeno ha denunciato gli incendi in Amazzonia e accusato il governo di Jair Bolsonaro di esserne responsabile. Da parte sua, il governo brasiliano nega di aver incoraggiato i focolai e incolpa la siccità per la situazione.
Sugli incendi, Bolsonaro torna ad attaccare Macron - Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro , intanto, è tornato a criticare il suo omologo francese, Emmanuel Macron, accusandolo di aver diffuso "fake news" sulla situazione degli incendi e la deforestazione in Amazzonia, dove secondo lui la crisi non è così grave.
«Quello di Trump è stato l'intervento decisivo per contenere Macron, che aveva lanciato una campagna contro il Brasile basandosi su 'fake news'», ha detto Bolsonaro in una intervista televisiva trasmessa lunedì notte, alla vigilia del suo annunciato ritorno al lavoro, dopo otto giorni di ricovero per un intervento chirurgico all'addome al quale si è sottoposto per le conseguenze dell'attentato che ha subito un anno fa.
Secondo il presidente brasiliano «gli incendi ci sono stati, ma non nella proporzione di cui ha parlato la stampa europea», a causa della campagna di dirigenti come Macron. Il capo di Stato francese ha denunciato una «emergenza globale» a causa della situazione in Amazzonia in coincidenza con il vertice G7 di Biarritz del mese scorso, il che ha portato a un duro scontro fra la Francia e il Brasile.
La tensione internazionale sulla situazione in Amazzonia ha compromesso anche i contributi di Norvegia e Germania al Fondo Amazzonia, messo in discussione la ratifica da parte dei Paesi dell'Unione Europea del trattato di libero scambio con il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) e portato alcune aziende a sospendere i loro acquisti di prodotti brasiliani.
Bolsonaro ha ribadito che domenica prossima intende recarsi a New York - secondo la tradizione del Palazzo di Vetro è il Brasile ad aprire i dibattiti dell'Assemblea Generale dell'Onu - dove ha promesso che pronuncerà un «discorso conciliatorio». Secondo gli analisti dei media brasiliani, i consiglieri del presidente gli hanno consigliato di usare uno stile sobrio per il suo intervento, temendo un possibile boicottaggio da parte di altri capi di Stato.
Human Rights Watch: «C'è una rete criminale dietro deforestazione e roghi» - La deforestazione e gli incendi in Amazzonia sono collegati a una rete di criminali che pagano per la manodopera, per grandi macchinari (motoseghe, trattori, catene, camion) e per la protezione della milizia armata contro chi cerca di denunciare crimini: lo afferma un rapporto di Humans Rights Watch (HRW) divulgato oggi.
In base al rapporto, i criminali minacciano gli indigeni, gli agricoltori, i funzionari pubblici e persino gli agenti di polizia.
L'obiettivo della criminalità sono i cosiddetti "difensori della terra", sostiene il rapporto di HRW intitolato 'Mafia dell'Ipe: come la violenza e l'impunità favoriscono la deforestazione nell'Amazzonia brasiliana'.
Secondo HRW, la distruzione della foresta è una conseguenza dell'accaparramento della terra, un crimine che si verifica quando la terra viene presa da persone che se ne appropriano illegalmente.
I criminali disboscano, bruciano e posizionano il bestiame sul pascolo rimanente, per poi rivendere il tutto con documenti falsi, «legalizzando» l'area invasa.