Il presidente venezuelano punta il dito contro gli Usa per l'attentato fallito dell'agosto del 2018: «Non posso accusare Trump, non ancora»
CARACAS - Nicolas Maduro passa al contrattacco. Due giorni dopo l'imposizione dell'embargo totale da parte americana che punta a dare la spallata finale a Caracas, il presidente venezuelano accusa l'Amministrazione Usa di aver ordinato il suo assassinio. Il mandante, accusa Maduro, è il consigliere per la Sicurezza nazionale, il falco John Bolton.
«Non posso accusare il presidente Donald Trump, non posso farlo adesso, ma ho tutte le prove per accusare e richiedere un'indagine su John Bolton. È un criminale. Ha fallito», ha affermato Maduro in un'intervista con il giornalista americano Max Blumenthal, trasmessa dalla tv di stato venezuelana Vtv. Il riferimento è al 4 agosto 2018, quando droni esplosivi furono fatti brillare vicino alla tribuna presidenziale e in altri punti della parata durante un discorso di Maduro per l'anniversario della nascita della Guardia nazionale bolivariana.
Secondo il leader venezuelano ci sono testimoni e prove di quel fallito attentato, e tutti gli autori materiali e alcuni dei registi dell'operazione sono stati catturati. I responsabili della pianificazione e del finanziamento dell'attacco - afferma Maduro - sono a Miami, protetti dagli Usa. Quanto a Bolton, avrebbe lavorato con l'allora presidente colombiano Juan Manuel Santos e con l'ex deputato venezuelano Julio Borges.
Ma, insieme alle accuse, Maduro tende una mano. E nella stessa intervista, ha proposto agli Stati Uniti l'apertura di un dialogo per superare le differenze esistenti sul piano politico. Difficile non pensare a una mossa propagandistica da rivendere al momento giusto ad uso interno o internazionale.
Sta di fatto che l'embargo totale economico, finanziario e commerciale firmato da Trump preoccupa Maduro, nonostante il sostegno al regime di Cina e Russia. Il provvedimento varato dal presidente americano prevede il congelamento in Usa di tutti i beni e gli asset di proprietà di individui ed entità governative venezuelane. Ma anche il divieto di qualsiasi tipo di transazione con tali soggetti, compresa la Banca Centrale del Venezuela e la compagnia petrolifera statale. Una stretta micidiale per un Paese già in ginocchio, dove la produzione di petrolio è crollata ai minimi dagli anni '40 e dove almeno 4 milioni di persone sono espatriate per sfuggire alla repressione e alla miseria.
L'Unione europea si è invece detta contraria all'applicazione di misure restrittive come quelle Usa, a causa della crisi umanitaria, anche se «non commenta» le ultime sanzioni americane a Caracas. I 28, come invece ha già affermato l'Alto rappresentante per la politica estera europea Federica Mogherini, sono disposti a "espandere ulteriormente le misure selettive" contro le personalità venezuelane legate al chavismo, nel caso in cui non vi siano risultati concreti dagli attuali negoziati tra il governo e l'opposizione.