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POLONIACop24, «i progressi sono insufficienti»

16.12.18 - 10:52
I circa 200 Paesi tornano a casa sapendo che i risultati «non sono sufficienti per stabilizzare il cambiamento climatico», spiega un ricercatore
Keystone / AP
Cop24, «i progressi sono insufficienti»
I circa 200 Paesi tornano a casa sapendo che i risultati «non sono sufficienti per stabilizzare il cambiamento climatico», spiega un ricercatore

KATOWICE - I circa 200 Paesi tornano a casa dalla Cop24 «sapendo che i progressi di Katowice non sono sufficienti per stabilizzare il cambiamento climatico a un livello di sicurezza adeguato. C'è ancora molta strada da fare, soprattutto da parte della politica che stenta a dare all'azione per il clima quella priorità necessaria per preparare la società ad affrontare la sfida in modo adeguato prima che sia troppo tardi».

Lo afferma Luca Bergamaschi, ricercatore italiano del Programma Energia, clima e risorse dell'Istituto Affari internazionali (Iai). Bergamaschi osserva che «la rivoluzione industriale del ventunesimo secolo non può più attendere a patto che sia organizzata in modo giusto e di concerto con cittadini e parti sociali e industriali. A questa rivoluzione deve essere affiancato un grande piano di resilienza per mettere in sicurezza il territorio e le infrastrutture dagli impatti sempre più violenti e frequenti di eventi estremi».

Nel ricordare che «i Paesi sono arrivati alla Cop24 dopo un anno di forti tensioni geopolitiche, dal commercio alla gestione delle migrazioni, che hanno messo in questione la tenuta dell'ordine multilaterale globale» il ricercatore spiega che alla fine di due settimane hanno trovato un accordo in cui «l'Europa ha giocato un ruolo chiave nello sbloccare i negoziati attraverso una cooperazione stretta con i Paesi più vulnerabili e altri paesi sviluppati come Canada, Norvegia e Nuova Zelanda».

«La Cina e l'India - aggiunge - hanno tenuto un profilo più basso ma il passo importante da parte loro è il riconoscimento dell'universalità delle regole. Il Brasile si è dimostrato difficile alla fine dei negoziati, causando il rinvio di una decisione importante su come operano i mercati delle emissioni all'anno prossimo. Sarà importante evitare il conteggio doppio nel momento dello scambio delle quote di emissioni. Come di consueto i paesi produttori di combustibili fossili, come Arabia Saudita e Russia, hanno cercato di rallentare il più possibile la ricerca di un compromesso e giocato al ribasso. Se da un lato gli Stati Uniti hanno cercato di essere costruttivi nella ricerca di regole uguali per tutti, dall'altro non si sono di fatto distinti dall'Arabia Saudita dimostrando di tenere di più a proteggere il mercato e gli interessi dei combustibili fossili rispetto alla sicurezza e prosperità dei suoi cittadini».

La posizione del WWF - Il Wwf accoglie «con favore i progressi verso l'adozione di un 'Libro delle regole' per rendere operativo l'accordo di Parigi, e anche i segnali di volontà di aumentare le ambizioni venuto dalla Conferenza Onu, ma ancora non siamo al livello di accelerazione dell'azione necessario per affrontare l'emergenza climatica».

Tuttavia, l'associazione lamenta «poca chiarezza su come si debba contabilizzare il finanziamento sul clima fornito dai paesi industrializzati a quelli in via di sviluppo, su come si raggiungerà l'obiettivo dei 100 miliardi entro il 2020 o su come sarà concordato l'obiettivo finanziario globale dopo il 2025».

«Ciò a cui abbiamo assistito in Polonia - spiega Manuel Pulgar-Vidal, leader internazionale per il settore clima ed energia del Wwf - rivela una fondamentale mancanza di comprensione della nostra attuale crisi climatica da parte di alcuni Paesi. Abbiamo bisogno che tutti i paesi si impegnino a innalzare i propri obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2020, perché è in pericolo il futuro di tutti».

I negoziati di quest'anno hanno mandato un segnale positivo sulla possibilità che i Paesi rivedano al rialzo i propri obiettivi climatici entro il 2020, osserva il Wwf aggiungendo che il summit sul clima convocato dal Segretario generale delle Nazioni Unite (programmato per il 23 settembre 2019) sarà il momento in cui sarà chiesto ai leader di rispondere all'appello, annunciando o impegnandosi con obiettivi climatici nazionali aggiornati e più ambiziosi entro il 2020.

Quindi viene data «una responsabilità diretta ai leader» nel prendere impegni consistenti di riduzione di gas serra e «qualcosa di meno sarebbe un dichiarazione di incapacità nel fronteggiare l'emergenza climatica e garantire un futuro ai propri cittadini, al proprio Paese, al Pianeta. E questo proprio quando in tutti il mondo si moltiplicano le iniziative dei ragazzi adolescenti che sanno, forse più di chi li governa, cosa rischiano», ha aggiunto Mariagrazia Midulla, responsabile del settore clima ed energia del Wwf Italia, a Katowice per la Cop24.

«Ambizioni non allineate alla scienza» - L'accordo «è un sollievo: i paesi riconoscono la necessità di una collaborazione globale per affrontare la crisi climatica globale» e l'Accordo di Parigi «è vivo e vegeto, nonostante l'aumento del populismo e del nazionalismo», ma «la mia più grande preoccupazione» è che la Conferenza «non abbia allineato le ambizioni con la scienza, perché non è chiarito che le emissioni globali dei combustibili fossili devono essere dimezzate entro il 2030 per rimanere in linea con il rapporto Ipcc», il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, che indica l'assoluta necessità di contenere l'aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi rispetto al periodo preindustriale. Così Johan Rockström, direttore designato del Potsdam Institute for Climate Impact Research, una delle massime istituzioni in campo climatico.

«Continuiamo a seguire un percorso pericoloso che ci porterà in un mondo a 3-4 gradi più caldo entro questo secolo. Gli eventi meteorologici estremi hanno già colpito persone in tutto il pianeta, con un solo grado di riscaldamento globale. Soprattutto gli Stati Uniti sono una vittima duramente colpita, una nazione che ha svolto un ruolo sfortunato al vertice sul clima, che già soffre e soffrirà ancora di più in futuro per l'aumento delle siccità regionali e degli uragani».

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