Nel suo ultimo editoriale il giornalista saudita, probabilmente assassinato, si mostrava pessimista. E ne aveva ben donde
WASHINGTON / PARIGI- A due settimane dalla sua sparizione e probabile morte, il giornalista saudita Jamal Khashoggi - misteriosamente scomparso durante una visita al consolato del suo Paese a Istanbul - è tornato a parlare dalle colonne del Washington Post.
In un editoriale scritto pochi giorni prima di quel fatidico 2 ottobre e pubblicato post mortem, il 60enne ha invocato la libertà di espressione per il mondo arabo: ciò di cui quella regione del mondo «ha più bisogno».
«Gli arabi che vivono in questi Paesi sono disinformati o malinformati», ha lamentato il reporter, denunciando la narrativa nazionalista controllata dai governi che impedisce un’analisi critica della realtà locale e la conoscenza di quella internazionale.
Pessimista sulle prospettive di miglioramento, il giornalista - forse ucciso proprio per le sue posizioni critiche rispetto al governo saudita - ha auspicato una sorta di “Radio Free Europe” dei tempi della Guerra Fredda anche per il Medio Oriente. Un’istituzione che, dall’estero, informi gli arabi nella loro lingua e dia loro voce.
Osservando la Classifica mondiale della libertà di stampa 2018 di Reporters Sans Frontières, si nota come quasi tutti i Paesi arabi occupano le ultime posizioni: Egitto 161°, Marocco 135°, Algeria 136a, Sudan 144°, Arabia Saudita 169a, solo per citare i più popolosi. I Paesi del Golfo vanno dal 105° (Kuwait) al 166° posto (Bahrein). Solo la Tunisia, esempio di libertà citato anche da Khashoggi, si classifica tra i primi 100: è 97a.
A turbare di più, nella parte più orientale del Mondo arabo, sono il frequente utilizzo delle leggi antiterrorismo contro i giornalisti e i media indipendenti e la sorveglianza e censura di internet, sottolinea Reporters Sans Frontières.
Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, Paese di Khashoggi, sono le accuse di terrorismo, blasfemia, insulto alla religione o “incitamento al caos” a impedire ai cittadini-giornalisti di esprimersi su internet, «unico spazio in cui l’informazione indipendente può eventualmente circolare» in mancanza di mass media liberi. In queste condizioni l’autocensura rimane «molto forte», denuncia l'organizzazione che si batte per la libertà di espressione.