La Corte Suprema potrebbe cambiare il modo in cui le università americane tengono conto dell'etnia dei candidati
WASHINGTON - Si apre oggi alla Corte Suprema americana un caso che potrebbe modificare radicalmente il modo in cui le più prestigiose università degli Stati Uniti scelgono i propri studenti, in particolare in considerazione della loro origine etnica. Harvard è infatti chiamata a rispondere di comportamento discriminatorio per aver sempre penalizzato i candidati di origini asiatiche per favorire gli studenti afro-americani e latino-americani.
Sulla scorta dell’“affirmative action” che, dagli Anni ‘60, prevede la promozione di un’equa rappresentanza delle diverse etnie nella funzione pubblica, anche Harvard tiene conto dell’appartenenza etnica dei candidati nel rigido processo di selezione dei suoi studenti. Questo, però, avrebbe penalizzato eccessivamente i candidati asiatici.
Secondo uno studio interno citato da Fox News, nel periodo 2007-2016 questi ultimi costituivano solo il 19% delle matricole. Se la selezione fosse avvenuta solo sulla base dei risultati scolastici, però, la loro percentuale sarebbe schizzata al 43%.
Harvard nega di limitare le ammissioni di studenti di origini asiatiche, ma difende il proprio impegno per un’equa rappresentazione della diversità etnica. La sua selezione, sostiene, è “olistica”, basata su una valutazione complessiva della persona, in cui contano i risultati scolastici, le attività extracurricolari, le qualità personali, la condizione socio-economica e anche l’origine etnica.
A portare l’ateneo davanti alla Corte Suprema è il gruppo nonprofit “Students for Fair Admissions”, che rappresenta le istanze di alcuni candidati asiatici esclusi. A sostenere l’abolizione del principio dell’“affirmative action” sono però da sempre le sezioni più conservative della politica americana. Vista l’attuale maggioranza conservativa alla Corte Suprema - raggiunta dopo la nomina da parte di Donald Trump dei giudici Neil Gorsuch e Brett Kavanaugh - è possibile che questo principio, più volte riaffermato dall’alta corte fin dal 1978, salti.