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IRAN Un'orchestra occidentale torna in Iran dopo 40 anni

14.01.17 - 15:27
«La musica, dunque, è ancora una volta una delle armi più potenti per sconfiggere le difficoltà di dialogo tra i popoli, il mezzo migliore per favorire l'integrazione culturale e la conoscenza»
Un'orchestra occidentale torna in Iran dopo 40 anni
«La musica, dunque, è ancora una volta una delle armi più potenti per sconfiggere le difficoltà di dialogo tra i popoli, il mezzo migliore per favorire l'integrazione culturale e la conoscenza»

TEHERAN - Per la prima volta dalla fine degli anni '70, quelli della rivoluzione islamica, un'orchestra sinfonica occidentale, nello specifico italiana, suonerà in terra iraniana.

L'esibizione avverrà il 19 gennaio, quando 32 strumentisti dell'Orchestra del Festival Puccini di Torre del Lago e dieci elementi della Young Musician European Orchestra si uniranno a 45 musicisti dell'Orchestra Sinfonica di Teheran per l'evento conclusivo del 32esimo Fajr Music Festival, la più prestigiosa manifestazione musicale che si svolge in Iran.

Sul podio si alterneranno due direttori italiani, Alberto Veronesi e Paolo Olmi, e il compositore e direttore iraniano Shardad Rohani: nutrito il programma, composto da brani di Puccini (Crisantemi), Rossini (la sinfonia dal Guglielmo Tell), Ciajkovskij (Capriccio italiano) e dalla Sinfonia N.5 di Beethoven. In mezzo anche un brano dello stesso Rohani.

«La musica, dunque, è ancora una volta una delle armi più potenti per sconfiggere le difficoltà di dialogo tra i popoli, il mezzo migliore per favorire l'integrazione culturale e la conoscenza», afferma il maestro Veronesi, che del Festival pucciniano è il presidente. Paolo Olmi, che da decenni svolge azione di ambasciatore della Musica in tutto il mondo, con una passione particolare per i popoli e le Nazioni più lontane, parla di un vero e proprio evento storico. «È nato tutto da quell'apertura alla musica occidentale che nel 2014 fece la guida religiosa dell'Iran, l'Ayatollah Khamenei, che ebbe parole di apprezzamento in particolare per la musica di Beethoven».

«Da quel momento - aggiunge Olmi - l'interesse nazionale per la musica classica è notevolmente aumentato e ci sono stati anche importanti momenti didattico-formativi che hanno coinvolto studenti di musica italiani e iraniani. Mi risulta che loro abbiano una gran voglia di lavorare con gli occidentali. Il concerto è andato esaurito in una giornata, ma quando saremo lì (la partenza è prevista per domani) proporremo di aprire tutte le prove in maniera da consentire a chi lo desidera di assistere al concerto».

«Nel desiderio di creare un terreno di dialogo - spiega Olmi - visto che l' Ayatollah aveva parlato tanto bene di Beethoven, ci siamo voluti muovere in quella direzione e anche perché la Quinta è uno brani più famosi del mondo. Allo stesso tempo è una partitura impegnativa e solenne, forte e positiva, ma anche un pezzo formativo che ben si presta per un'orchestra in crescita come quella iraniana, rimasta inattiva per alcuni anni».

Paolo Olmi, primo direttore italiano invitato in Cina, spiega di avere scoperto l'Iran grazie al giovanissimo violoncellista Kian Soltani: «I suoi genitori erano partiti per l'Europa prima della sua nascita e Kian, che è diventato oggi uno dei più grandi violoncellisti nel mondo, sognava di vedere il Paese d'origine della sua famiglia, del quale aveva nostalgia senza averlo mai visto. Questa volta non potrà essere con noi, ma sono sicuro che molto presto suonerà con me a Teheran».

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