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REGNO UNITORegina da record: 63 anni. "È come il Big Ben"

09.09.15 - 06:03
Con Antonio Caprarica, storico corrispondente Rai da Londra, evochiamo il lunghissimo regno di Elisabetta II
Regina da record: 63 anni. "È come il Big Ben"
Con Antonio Caprarica, storico corrispondente Rai da Londra, evochiamo il lunghissimo regno di Elisabetta II

LONDRA - Il Regno Unito celebra un giorno speciale per la monarchia. La regina Elisabetta II strappa infatti oggi alla trisnonna Vittoria il record per il regno più lungo, finora di 63 anni, sette mesi e due giorni. Ne parliamo con Antonio Caprarica, volto noto anche nella Svizzera italiana per aver raccontato il Regno Unito come corrispondente Rai da Londra per quasi vent’anni.

Signor Caprarica, lei ha incontrato la Regina Elisabetta in più occasioni. Che ricordo ha di quei momenti?

"Incontrare la Regina Elisabetta è come incontrare un’icona vivente. Io sono nato nel 1951 e lei è salita al trono nel 1952 quindi per me è sempre stata lì. È come avere un incontro ravvicinato col Big Ben. La regina, del resto, non è molto più comunicativa della torre dell’orologio di Londra. Uno dei momenti in cui la vidi più vivace e appassionata fu quando, durante un ricevimento, arrivò nella sala il suo fantino preferito, Frankie Dettori, che la rianimò immediatamente. I due si lanciarono infatti in un’accanita discussione sui meriti e i demeriti dei vari cavalli di proprietà della regina, con Frankie che la rimproverava per aver venduto una cavalla che si era poi rivelata vincente".

I cavalli, insomma, sono l’unico argomento di conversazione gradito alla regina?

"I cavalli e il tempo sono gli unici due temi su cui la regina accetti volentieri di conversare. Gli altri argomenti sono tutti assolutamente tabù. Ricordo un mio inciampo a tal proposito. Era il marzo 2005 e la regina parlava del tempo di Londra dicendo che faticava a ricordarsi una primavera così calda. Io tentai di fare il furbo e, per strapparle un commento sulla situazione delle truppe britanniche in Iraq, le dissi “Chissà che caldo fa a Bassora”. Alla mia battuta sulla sala calò un silenzio glaciale e, solo dopo qualche secondo, la regina riportò lo sguardo su di me ed esclamò: “Eh sì, fa molto caldo… a Londra”".

Secondo lei, Elisabetta II è stanca di regnare?

"Certamente sarà stanca, bisogna ricordare che ad aprile compirà 90 anni. La regina, tuttavia, non prende nemmeno in considerazione l’idea di cedere lo scettro. Considera infatti come un suo imprescindibile dovere quello di rimanere sul trono fino all’ultimo giorno in cui avrà la capacità e la forza di regnare. Il mio personale regalo di compleanno sarà così una biografia che probabilmente intitolerò “Elisabetta la perenne”: nessuno di noi immagina infatti che possa mai uscire davvero di scena".

Elisabetta II è sul trono d’Inghilterra da quando lei, signor Caprarica, aveva un anno. Qual è il suo primo ricordo della regina? A quel tempo, si sarebbe mai immaginato che, un giorno, avrebbe raccontato la monarchia britannica e il Regno Unito agli italiani?

"Il mio primo ricordo, abbastanza vago, è quello della visita che Elisabetta fece a Roma nel 1960, quando avevo 9 anni. Ricordo le immagini delle televisioni con il sontuoso corteo che andava da Ciampino al Quirinale. Il mio primo impatto vero con la monarchia, tuttavia, fu durante il mio primo viaggio all’estero, a Londra, quando avevo 14 anni. Allora seguivo la regina in televisione e sui giornali. Confesso però di non avere mai pensato di diventare il suo biografo. Questo sviluppo, del resto, non lo immaginavo nemmeno fino a vent’anni fa, quando sono andato a Londra a lavorare come corrispondente".

Le manca raccontare il Regno Unito da Londra come corrispondente Rai?

"Non faccio più il corrispondente Rai, ma continuo a raccontare il Regno Unito nei miei libri e nelle trasmissioni che faccio. L’unica differenza è che la cadenza non è più quotidiana e non posso negare che ciò mi dia un certo sollievo. La frequenza con cui raccontavo Londra allora era diventata un po’ pressante. A un certo punto i miei colleghi del telegiornale mi chiamavano “Mister Quattro Pezzi” perché era il ritmo di servizi a cui ero condannato da forzato delle notizie dal Regno Unito. Lavorare a un ritmo più disteso non mi dispiace". 

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