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Dal MondoCOMO: La Procura di Como fuori dal quadro Costituzionale?

13.05.00 - 20:12
I giornalisti comaschi di cronaca giudiziaria sul sentiero di guerra dopo che il Sostituto Perrucci ha indagato un loro collega con l'accusa di reticenza per essersi rifiutato di indicare la fonte di una sua notizia. Il Presidente dell'Ordine, Abruzzzo, chiede l'intervento di Borrelli.
COMO: La Procura di Como fuori dal quadro Costituzionale?
I giornalisti comaschi di cronaca giudiziaria sul sentiero di guerra dopo che il Sostituto Perrucci ha indagato un loro collega con l'accusa di reticenza per essersi rifiutato di indicare la fonte di una sua notizia. Il Presidente dell'Ordine, Abruzzzo, chiede l'intervento di Borrelli.
COMO. Duro intervento del Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, che in una lettera inviata al Procuratore Generale di Milano, Francesco Saverio Borrelli, chiede un immediato intervento affinché sia garantita la libertà di informare e di essere informati senza interferenze istituzionali. L’intervento di Abruzzo è legato alla vicenda che vede coinvolto, suo malgrado, il collega del quotidiano “Corriere di Como” accusato dal Sostituto Procuratore della Procura di Como, Silvia Perrucci, di reticenza per essersi rifiutato di fornire le utenze telefoniche da lui utilizzate il giorno prima della pubblicazione di una notizia riguardante la vicenda della neonata portata all’ospedale di Mariano Comense da una donna che, inizialmente, aveva detto di averla trovata nella discarica di Cascina Settuzzi e, successivamente, di esserne la madre. Infine aveva sostenuto che la neonata era di una sua amica. Ebbene: il Magistrato lariano è convinto che una “talpa” (forse un agente di Polizia Giudiziaria”) abbia fatto trapelare particolari che, sempre secondo il Magistrato, avrebbero dovuto restare segreti. A fronte del rifiuto di Paolo Moretti a fornire le utenze richieste, rifiuto esercitato appellandosi al sacrosanto diritto del segreto professionale, Silvia Perrucci non solo ha messo sotto inchiesta il collega di via Vittorio Emanuele, ma ha anche mandato la Polizia Giudiziaria nella sede del “Corrierino” con un Decreto di acquisizione della documentazione relativa a tutte le utenze telefoniche cellulari in uso al quotidiano. Inoltre il Magistrato ha anche convocato altri giornalisti della città nelle vesti di “persone informate sui fatti” (ovvero di testimoni) per sapere da loro quali sono le fonti di “approvvigionamento” delle informazioni sulla storia della neonata. Vicenda giudiziaria che (fra l’altro) è destinata a breve a finire con l’archiviazione non essendo stato ravvisato alcun tipo di reato. Tutto questo non solo ha scatenato il disappunto dei giornalisti di cronaca giudiziaria della città (oltre al nostro), ma anche le ire del Presidente dei Giornalisti che nella lettera inviata a Borrelli chiede un immediato intervento affinché si ponga fine a questa quantomeno imbarazzante situazione per tutelare quanto sancito dall’Art. 10 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, articolo mutuato anche dal 19° del Patto Internazionale di New - York relativo ai Diritti Civili e Politici, il quale stabilisce che: “Ogni individuo ha il diritto della libertà di espressione. Tale diritto comprende la libertà di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni genere, senza riguardo a frontiere, oralmente (e, quindi, anche via radio o televisione), per iscritto (a mezzo carta stampata o Internet ad esempio), in forma artistica o in qualsiasi altra forma a scelta del singolo individuo”. A questo punto non si può far altro che auspicare un ritorno sul Pianeta terra del sistema inquirente italiano che, molto spessa, oltrepassa confini non propri e che il Sostituto Procuratore Silvia Perrucci comprenda che le notizie si raccolgono sempre “battendo i tanti marciapiedi dell’informazione” e che, come vale per i magistrati, anche per i giornalisti vale la regola del “segreto”. Non esistono Leggi, infatti, che obbligano a rivelare le proprie fonti. Anzi, al contrario, esistono regole deontologiche che ne tutelano l’anonimato.
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