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Dal MondoMUSICA: Gino Paoli fra pochi giorni a Como

29.04.02 - 13:37
Il 68enne cantautore genovese approderà al Sociale dopo la felice esperienza sanremese che gli ha permesso di conquistare il terzo posto con il brano “Un altro amore”
MUSICA: Gino Paoli fra pochi giorni a Como
Il 68enne cantautore genovese approderà al Sociale dopo la felice esperienza sanremese che gli ha permesso di conquistare il terzo posto con il brano “Un altro amore”
COMO –Grande appuntamento fra pochi giorni al Teatro Sociale di Como con Gino Paoli reduce dalla sua felice partecipazione al Festival di Sanremo dove si è classificato terzo con il brano “Un altro amore”. L’ormai 68enne cantautore genovese nella sua tappa del 4 maggio prossimo sarà accompagnato dall’Orchestra Dimi, la stessa che lo seguirà lungo tutta la sua tournée. Durante lo spettacolo non mancherà di offrire al pubblico vecchi cavalli di battaglia come “La gatta” o “Il cielo in una stanza” che ricordano i suoi esordi artistici avvenuti quando decise di lasciate il lavoro di grafico pubblicitario per esibirsi prima nelle balere e poi nei locali con i suoi compagni d’avventura Luigi Tenco e Bruno Lauzi. Non mancheranno, ovviamente successi tratti da album più recenti come “Appropriazione indebita” del ‘96, “Pomodori” del ‘98, “Per una storia” del 2000 fino ad arrivare a “Se”, l’ultima raccolta di inediti.

BIOGRAFIA
Dal sito ufficiale di Gino Paoli

Tutti lo credono genovese, e in un certo senso lo è, Gino Paoli, il cantautore che ha scritto alcune tra le più belle pagine della musica italiana di questo secolo. Ma, di fatto, l’autore di “Senza fine” e di “Sapore di sale” è nato nel ‘34 a Monfalcone, in provincia di Gorizia, figlio di un ingegnere navale che nelle ore libere cantava da tenore e di una casalinga che coltivava la pittura e la musica. Ma è a Genova, dove si è trasferito da bambino, che dopo aver fatto il facchino, il grafico pubblicitario e – raggranellando più premi che quattrini – il pittore, debutta come cantante da balera, per poi formare un band musicale con gli amici Luigi Tenco e Bruno Lauzi. Finché la gloriosa casa Ricordi, che aveva tenuto a battesimo Bellini e Donizetti, Verdi e Puccini, decise di estendere la propria attività alla musica leggera e scritturò questo cantante dalla strana voce miagolante. Nel ‘60, dopo aver inciso alcuni brani altrui, realizza “La gatta”, un brano rigorosamente autobiografico: parlava della soffitta sul mare dove Gino viveva da bohemien con la moglie Anna e vari animali, sfamando la famiglia quando e come poteva. Il disco vendette 119 copie, poi scomparve e infine tornò tramutandosi, inaspettatamente, in un successo da 100 mila copie la settimana. Intanto era nata la love story tra Gino e Ornella Vanoni, cantante scoperta da Giorgio Strehler, che convinse il cantautore genovese a scrivere per lei “Senza fine”, che la lanciò. Quindi Mina, sconsigliata da tutti, incise “Il cielo in una stanza”, con l’esito che tutti sappiamo. Seguono “Sassi”, “Me in tutto il mondo” (‘61), “Anche se” (‘62), “Sapore di sale”, “Che cosa c’è” (‘63), “Vivere ancora” (‘64). Tutti brani divenuti dei classici e tradotti in molte lingue: per “Senza fine”, della quale esistono nel mondo circa 300 versioni, Paoli riceve le congratulazioni di Herbert Von Karajan e Hoagy Carmichael. Grazie a Paoli e ai suoi “quattro amici” nasce così, a Genova, la canzone d’autore, forma di espressione musicale rivoluzionaria che mira ad esprimere sentimenti e fatti di vita reale con un linguaggio non convenzionale; la canzone, insomma, cessa di essere puro intrattenimento e abbandona l’oleografia per diventare forma d’arte a tutti gli effetti. Ormai lo squattrinato pittore è un cantante famoso. Sboccia un amore con Stefania Sandrelli, 15 anni, lanciata da Pietro Germi in “Divorzio all’italiana”, e dall’unione nascerà nel ‘64 Amanda, oggi attrice, mentre la moglie Anna darà a Gino, quasi contemporaneamente, un figlio, Giovanni, oggi giornalista. L’anno prima c’era stato il boom di “Sapore di sale”, arrangiata da Ennio Morricone con gli interventi al sax di Gato Barbieri. E tuttavia un pomeriggio d’estate il cantautore ormai ricco e celebre si era puntato una Derringer al cuore. “Volevo vedere cosa succede”, spiegherà poi. Il proiettile è tuttora nel suo petto, come un souvenir. Intanto la fama di Paoli ha oltrepassato i confini dell’Italia. Il cantautore francese Alain Barrière chiede a Gino di tradurgli in italiano alcuni brani. Gino, nella cui discografia si trovano versioni da Aznavour, Mouloudji, Ferré, Serrat, accetta, e il risultato è il clamoroso successo di “Vivrò” e di altre canzoni firmate Barrière-Paoli. Anche Jacques Brel chiede aiuto al cantautore genovese, che traduce quattro canzoni del suo collega belga (tra esse “Ne me quitte pas”, che diventa “Non andare via”). Ma la pronuncia italiana di Jacques è troppo improbabile, e il disco, già registrato, non viene pubblicato. E intanto Paoli scopre e lancia altri artisti: come Lucio Dalla, clarinettista jazz, del quale produce il primo disco, o il refrattario Fabrizio De André, che Gino “costringe” con la forza a cantare con lui al Circolo della Stampa genovese. Capita anche che gli interpreti più disparati si “impadroniscano” del canzoniere paoliano: mostri sacri degli Anni ‘50 come Claudio Villa, Carla Boni, Jula De Palma, Joe Sentieri, cantanti lirici come Anna Moffo, attrici come Lea Massari e Catherine Spaak, protagonisti dagli Anni ‘60 come Umberto Bindi, Luigi Tenco, Rita Pavone, Gianni Morandi, Pino Donaggio, Tony Renis, Tony Dallara. Più avanti la musica di Gino impegnerà le ugole di altri famosi cantanti come Patty Pravo, Donatella Rettore, Zucchero, Franco Battiato, Loredana Berté, ma anche di star internazionali come Chet Baker, Gilbert Bécaud, Paul Anka, Dean Martin, Marino Barreto, Antonio Prieto, Dalida, Udo Jurgens, Richard Anthony, Helen Reddy, il già citato Barrière. Questo prestigio internazionale aiuta Paoli, alla fine degli Anni ‘60, a diventare editore musicale di successo, aggiudicandosi per l’Italia i Bee Gees, Bowie, i Beatles e altri. Ma crescendo la popolarità dell’artista, cresce anche la crisi dell’uomo, che nel 1967 si ritira a Levanto per gestirvi una sala da ballo con ristorante e bar, perché “se non hai nulla da dire – sostiene – stà zitto”. Il gran ritorno di Paoli avviene con due album coraggiosi e anarchici, nei quali il mondo giovanile si riconosce al punto che sono in ventimila ad accogliere il cantautore ligure in un concerto al Pincio, a metà degli Anni ‘70. Il primo ha un titolo emblematico, “I semafori rossi non sono Dio”, ed è stato realizzato su musiche del catalano Jean Manoel Serrat. Il secondo esce nel “77, tre anni dopo, e si intitola “Il mio mestiere”. Entrambi parlano di libertà, democrazia, emarginazione, diversità. Questa maturazione continua a segnare tutti i dischi successivi di un ventennio che ha tra i suoi eventi più importanti un nuovo matrimonio – con Paola Penzo, sua compagna e ispiratrice da un quarto di secolo, che a Gino ha dato due figli, Niccolò e Tomaso – la trionfale tournée del 1985 con Ornella Vanoni, l’esperienza di deputato del Pci, poi diventato Pds, e quella di Assessore comunale ad Arenzano. Ma discograficamente, gli ultimi vent’anni sono scanditi per Paoli da titoli come “Ciao salutime un po’ Zena”, dedicato alla canzone ligure, “Ha tutte le carte in regola”, omaggio allo scomparso cantautore livornese Piero Ciampi, e ancora “Averti addosso”, “La luna e il signor Hyde”, “Cosa farò da grande”, “L’ufficio delle cose perdute”. Nel ‘91 ecco il successo clamoroso di “Matto come un gatto” e del singolo “Quattro amici al bar” (con intervento di Vasco Rossi). L’autunno successivo esce “Senza contorno, solo... per un’ora”, un live di brani vecchi e recenti rifatti in chiave jazz, con gli inediti “Senza contorno” e “La bella e la bestia”, cantata da Gino con la figlia Amanda Sandrelli e tratta dalla colonna sonora dell’omonimo film disneyano. Col cinema, del resto, Paoli aveva già avuto a che fare quando, per “Prima della rivoluzione” di Bertolucci aveva composto “Vivere ancora” e “Ricordati”, per poi scrivere “Una lunga storia d'amore” (1984) e “Da lontano” (1986), rispettivamente per i film “Una donna allo specchio” e “La sposa americana”, entrambi con Stefania Sandrelli. Nella primavera del ‘93, "King Kong" contrappone al cinismo e alla frenesia della vita odierna il ritorno alla natura, o ancor più alla naturalezza che rimane esclusiva di animali e di bambini, e che l’uomo adulto sacrifica sempre di più alla venalità e alla bramosia di potere. Due anni dopo “Amori dispari” torna ad affermare il primato dei sentimenti in un mondo che li nega. Nel 1996 un nuovo capitolo del quasi quarantennale romanzo paoliano: in “Appropriazione indebita” Gino “si impadronisce” di una manciata di classici della canzone internazionale e traduce alla sua maniera, quasi a delineare una sorta di autoritratto, le pagine di Lennon, Cat Stevens, Aznavour, Steve Wonder, James Taylor e altri, e le canta con immedesimazione totale. Altri dischi suggellano il successo di Paoli: “King Kong” (1993), “Amori dispari” (1995), “Appropriazione indebita” (1996), “Pomodori” (1998), “Per una storia” (2000): pagine di un uomo che non accetta di tramutare in dogmi la propria tensione morale, preferendo alimentarla più di dubbi che di certezze. E che non rinuncia a coltivare sotto i capelli bianchi l’innocenza, lo stupore e la fantasia d’un eterno bambino. Nel 2002 esce il nuovo album di inediti “Se”, il cui singolo “Un altro amore” viene presentato al “52° Festival di Sanremo”, dove ottiene una grande successo di pubblico e di critica, confermandolo autentico protagonista della scena musicale italiana, sempre capace di rinnovarsi, pur mantenendo le forme ed i contenuti cantautorali che da sempre lo contraddistinguono.

di Bob Decker

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