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CANTONEPubblichi le tue foto trasgressive? E allora non ti assumo

13.02.13 - 09:40
Dopo il caso di Mendrisio, l’analisi di alcuni esperti: "Oggi nella selezione del personale un giro su Facebook è una tappa obbligata"
Foto Archivio Keystone
Pubblichi le tue foto trasgressive? E allora non ti assumo
Dopo il caso di Mendrisio, l’analisi di alcuni esperti: "Oggi nella selezione del personale un giro su Facebook è una tappa obbligata"

LUGANO - Cercate lavoro? State attenti al vostro profilo Facebook. Perché il potenziale capo potrebbe dargli più di una sbirciata per capire meglio le caratteristiche del candidato. Il monito vale doppio dopo la notizia rimbalzata dal Mendrisiotto che riporta di un giovane impiegato bocciato al colloquio di lavoro per le foto troppo trasgressive pubblicate sui social network. Immagini che lo ritraevano, in più occasioni, ubriaco ed eccessivamente festaiolo. “Potere dell’era tecnologica – spiega Lorenzo Cantoni, esperto di nuovi media –. In queste circostanze la ricerca su Google del nome dei candidati è pratica molto frequente. E tra i primi risultati trovati, Google propone proprio il profilo Facebook delle persone cercate”.

Il candidato ideale - Un trend diffuso, anche se, nella maggior parte dei casi, non dichiarato apertamente. Quasi una tappa necessaria per chi si occupa di risorse umane e si trova a dovere selezionare il candidato ideale per la propria azienda. Lo conferma anche Andrea Martone, studioso del mondo del lavoro. “Oggi un giro su Facebook e LinkedIn rappresenta un passaggio obbligato per qualsiasi selezionatore”.

 

Lo scettico - C’è, tuttavia, chi è scettico su questo modo di procedere. Ad esempio Silvano Stroppini, responsabile dell’Ufficio regionale di collocamento di Bellinzona. “Ogni candidato a un posto di lavoro avrebbe comunque diritto a un po’ di libertà o di privacy. Credo che per avere informazioni valide su una persona ci possano essere tanti altri canali e strumenti. Sui social network, tra l’altro, occorre fare molta attenzione ai casi di omonimia”. Stroppini, tuttavia, non nega la realtà dei fatti. “Anche se personalmente non ne sono entusiasta, Facebook e affini stanno sempre più trovando considerazione da questo punto di vista”.

 

Giochi pericolosi - Occhio, di conseguenza, al tipo di foto pubblicate, così come alle informazioni affidate alla grande rete. E non va dimenticato che il pericolo può arrivare anche dai profili delle persone a noi vicine. Martone rievoca un episodio verificatosi alcuni anni fa in Inghilterra: “È il caso del neo nominato direttore di Scotland Yard. Data la delicatezza della posizione, i datori di lavoro hanno visionato anche il profilo Facebook della moglie. La signora purtroppo aveva pubblicato talmente tante informazioni private sull’uomo che per ragioni di prudenza e sicurezza i responsabili delle risorse umane sono stati costretti a rimuovere il direttore dall'incarico”.

 

Questione d’immagine - A tal proposito il sindacalista VPOD Raoul Ghisletta fa notare un aspetto importante. “Ci sono professioni, come ad esempio quelle del settore pubblico, in cui si chiede esplicitamente al dipendente di avere una vita privata dignitosa, nel limite della decenza. E questo per ragioni, ovvie, di immagine. È così ad esempio anche per il settore bancario o assicurativo. Insomma, bisogna dare un’immagine positiva di sé. È chiaro che se uno pubblica certe fotografie in rete deve essere consapevole che queste immagini saranno viste da tutti. Potenzialmente anche dai propri superiori”.

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