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CANTONEUn attento sguardo sul mondo dei più deboli

29.08.18 - 06:01
Dal 9 al 14 ottobre ritorna, per la sua quinta edizione, il Film Festival Diritti Umani Lugano
Un attento sguardo sul mondo dei più deboli
Dal 9 al 14 ottobre ritorna, per la sua quinta edizione, il Film Festival Diritti Umani Lugano

LUGANO - Una rassegna che ogni anno diventa più ricca e interessante e che nel 2018 verterà su una serie piuttosto vasta di tematiche, tra attualità e ricorrenze. «Mai come quest’anno sono tanti gli argomenti» spiega il direttore Antonio Prata.

Un festival consolidato ma che conosce l’importanza di una piccola e salutare “rivoluzione”. A partire dal concept grafico…

«Abbiamo riflettuto molto su cosa fare e deciso di sperimentare un visual che stavolta esplorerà un linguaggio visivo diverso dalla fotografia, utilizzando una simbologia che richiama alcuni temi forti e molto attuali dei Diritti Umani, combinata con più colori. Oggi la tendenza della comunicazione è quella di ricorrere a poche parole, a pochi segni, che siano di grande impatto ma anche velocemente fruibili, perché purtroppo non c’è molto tempo per osservare. Quindi il primo passo, e cioè quello dell' avvicinamento alla quinta edizione del festival, dovrebbe essere di lettura immediata, perché poi l’approfondimento troverà pieno campo al cinema, con le proiezioni, con gli incontri e i dibattiti. Un esperimento verso il quale siamo curiosi di vedere quale sarà la reazione della gente».

Quali sono i principali percorsi di ricerca e indagine?

«Solitamente sono i film che fanno emergere le tematiche. E anche quest’anno, quindi, come nei precedenti, ci sono delle opere che si avvicinano tra loro dando una linea comune al Festival. L’infanzia è sicuramente uno dei temi forti: lo sguardo dei bambini, il loro vivere le questioni difficili nel mondo - sia quelle che vivono direttamente, sia quelle di cui sono spettatori -. Il loro è un osservare diverso rispetto all’adulto. Le problematiche dei bambini di tutto il mondo s’incontrano attraverso questi film».

Altri temi forti di questa edizione?

Sicuramente il rapporto tra l’uomo e l’ambiente, lo spazio che vive quotidianamente e lo sfruttamento eccessivo che ne fa, fino alle gravi ripercussioni sulla salute dell’umanitá e della Terra. Mi vengono in mente anche altri film,  che parlano di schiavitù moderne, che non sono distanti da noi, e cioè che si adottano anche in Europa e nei Paesi  che solitamente riteniamo "economicamente e socialmente avanzati". Qui si manifestano nuove forme di sfruttamento psicologico ed emotivo, attraverso le quali i diritti di molte persone vengono calpestati o poco considerati, sia in ambito lavorativo che sociale.  Sono delle forme di schiavitù molto subdole, che però stanno diventando sempre più prorompenti».

La migrazione, presumo, non potrà mancare…

«È un altro argomento che toccheremo in maniera molto approfondita, con diversi film. Avremo degli ospiti importantissimi, con i quali, dopo la visione di alcuni film che trattano l’argomento dell’emigrazione, potremo sviluppare un dialogo che spero possa essere utile a   
riflettere sul concetto di confine, cosa vuol dire viverci e quali sono i limiti tra la "volontà umana" di aiutare persone che fuggono dalla guerra e la tendenza di una certa politica internazionale, sempre più rigida di fronte ai flussi migratori odierni. L’unione europea, qualche anno fa, fu concepita per abbattere le frontiere; negli ultimi anni invece, la sensazione è che, per paura "dell'altro" o per eccesso di egoismo, stiamo tornando a difenderci con i muri, con le barriere, con le guardie al confine».

Chi sarà il personaggio simbolo di questa edizione?

«Sicuramente colui che riceverà il Premio Diritti Umani per l’autore, ovvero il regista di “Eldorado” Markus Imhoof. È prevista una mini-rassegna dei suoi lavori. Ci teniamo molto anche perché è il primo anno che consegniamo questo riconoscimento, per di più a un autore svizzero e di caratura internazionale. Imhoof ha dedicato quasi tutta la sua carriera alle problematiche che noi affrontiamo».

Quest’anno i tradizionali documentari saranno affiancati da parecchia animazione, giusto?

«Sì, ce ne sarà molta, ma soprattutto ci sarà una mostra esclusiva allo Spazio 1929 di un autore molto conosciuto a livello internazionale. I suoi film d'animazioni hanno ottenuto premi in tutto il mondo. Prima non erano mai state fatte mostre di questo autore in Svizzera, che però ha già esposto in tutta Europa: quest’anno sarà per noi un enorme piacere organizzare un’esposizione dei suoi lavori, dedicati in particolare alla realizzazione di un film che poi proietteremo durante il Festival».

Quest’anno ricorre il 70esimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani: cosa prevede a tal proposito il programma?

«Crediamo che il focus sull’infanzia sia già una dedica molto particolare. Il loro sguardo sul mondo ci porta a fare una riflessione sul valore e sul contenuto di questa Dichiarazione, i cui punti gettano una luce su tantissime problematiche che riscontriamo in giro per il mondo. Parleremo di questo documento, ma ogni film è un riferimento a esso. La Dichiarazione è il valore più importante che può avere l’umanità in questo momento».

In definitiva, qual è il concetto chiave dell’edizione 2018?

«Guardare sì quello che succede lontano, ma proprio perché è lontano pensiamo, o ci illudiamo, di conoscerlo già molto bene. Invece quella distanza diventa una scusante per far sì che non diventi nostro; quindi, forse, è meglio cominciare da vicino per poi allargare lo sguardo».

 

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