Cerca e trova immobili

LOCARNO - PARDO 2016Profondo e attualissimo, stasera in Piazza Grande il film di Ken Loach

11.08.16 - 09:58
Questa sera una delle stelle più luminose del cinema impegnato, Palma d’Oro a Cannes, presenta al pubblico «I, Daniel Blake», una denuncia contro il sistema sociale.
Profondo e attualissimo, stasera in Piazza Grande il film di Ken Loach
Questa sera una delle stelle più luminose del cinema impegnato, Palma d’Oro a Cannes, presenta al pubblico «I, Daniel Blake», una denuncia contro il sistema sociale.

LOCARNO - Un film bello, profondo, coinvolgente, attualissimo. Un film dove alla forte denuncia contro la burocrazia disumanizzata che dovrebbe aiutare le persone e non umiliarle, si contrappone la solidarietà. Una solidarietà tra un falegname sessantenne che in seguito a un infarto cerca di ottenere una pensione di invalidità. E una mamma sola con due figli a carico che tenta disperatamente di tenere la testa fuori dall’acqua.
Lui è Daniel Blake, vedovo, grande lavoratore, onesto, generoso. Lei è Katie, mamma di Daisy – la figlia più grande avuta da un uomo - e Dylan – il figlio più piccolo avuto da una seconda storia. Lui è un uomo che ha perso una moglie con tanti grani di follia che amava il vento e il mare, lei è una donna che lotta per la propria dignità e quella dei suoi figli. Senza un soldo, disperata, allontanata dalla sua Londra verso New Castle dove ha ricevuto un appartamento sgangherato dallo Stato. I due s’incontreranno in un ufficio dell’assistenza sociale e da quel momento nascerà una forte amicizia.

Daniel Blake, dopo aver lavorato una vita intera, per la prima volta ha bisogno di aiuto. Deve chiedere aiuto allo Stato: un infarto l’ha reso inabile al lavoro. Lo vediamo alle prese con “una professionista della sanità” con cui sta compilando un formulario per la richiesta di invalidità. Fin dalle primissime battute del film, Ken Loach ci porta nella macchina disumanizzata e arida del sistema sociale inglese. Lui è malato di cuore e la donna continua a fare altre domande. Lui insiste: “Mi chieda come sta il mio cuore”. E lei lo minaccia se non “fa il bravo”, ovvero se non risponde docilmente alle domande. Quando la donna chiede a Daniel se va bene di corpo, lui perde la pazienza e se ne va.
Risultato dell’operazione: invalidità negata e inizio di un percorso kafkiano per fare ricorso. Mentre Daniel si informa sulle procedure nell’ufficio dell’assistenza, incontra Katie che discute con l’assistente, la quale la minaccia di sanzioni. La stessa donna, più tardi, minaccerà di sanzioni anche Daniel. Come se da quella bocca di burocrate non potessero uscire altro che parole minacciose e incapaci di interloquire davvero con chi ha bisogno. Katie litiga, Daniel la sostiene. Insieme lasciano l’ufficio. E da quel momento dovranno fare i conti con scelte politiche che di sociale non hanno assolutamente nulla.

Tutto il film propone sequenze di una profonda umanità che va di pari passo alla voglia di gridare vendetta al cielo contro un sistema sociale che stritola i propri assistiti fino ad umiliarli. Daniel aiuta Katie a sistemare l’appartamento, costruisce un acchiappa sogni per Daisy, una bambina condannata a crescere in fretta che svilupperà con Daniel una relazione di grande complicità. Quando Daniel, disperato, sparisce per un attimo dalla loro quotidianità, Daisy va a cercarlo e da fuori dalla porta che Daniel non vuole aprire, gli dice: “Daniel tu chi hai aiutato, perché adesso non posso farlo io? Fammi entrare, ti prego”.
Commovente l’immagine della famiglia al banco alimentare. Katie, che rinuncia a mangiare per nutrire i figli, apre di nascosto una conserva di cibo e se lo mette in bocca. Poi scoppia in lacrime, da un lato scusandosi con tutti e dall’altro ammettendo di avere fame e di non farcela più.

La storia continua, sempre più intensa, sempre più drammatica. Una drammaticità messa in scena con quella sobrietà tipica di Ken Loach: mai troppo, ma di un’intensità che ti entra dentro.
Il titolo I Daniel Blake è una scelta che mette in luce la necessità inderogabile di non cancellare la forza dell'identità individuale. Anche quella della working class. Ken Loach - come per altri film, per esempio “La canzone di Carla” e “My name is Joe” – ribadisce il diritto alla dignità della persona. E nel contempo vuole denunciare un sistema in cui dominano i tagli alla spesa sociale e dove solo pochi funzionari, come Ann nel film, si rendono conto della crudeltà e dell’assurdità delle regole che debbono applicare.
Ken Loach (questa sera in Piazza Grande e venerdì alle 10.30 allo spazio forum per la conversazione con il pubblico) è un grandissimo regista. E questo suo ultimo lavoro Palma d’oro al Festival di Cannes di quest’anno, è un’altra dimostrazione del suo incessante impegno sociale.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE