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LifestyleI computer riscalderanno presto le nostre case?

29.04.22 - 11:00
Sfruttare il calore residuo invece di disperderlo.
Foto: Empa
Questo datacentre nel centro di ricerca NEST dell’Empa non si limita a calcolare ma riscalda anche l’edificio in cui si trova grazie al calore residuo che emette.
Questo datacentre nel centro di ricerca NEST dell’Empa non si limita a calcolare ma riscalda anche l’edificio in cui si trova grazie al calore residuo che emette.
I computer riscalderanno presto le nostre case?
Sfruttare il calore residuo invece di disperderlo.

Immaginatevi lo scenario seguente: nella cantina di casa vostra si trova un piccolo centro di calcolo, una dozzina di server, non più grande del serbatoio della nafta che avete ora. Nella cantina del vostro vicino ce n’è uno uguale, proprio come in tutte le altre case del quartiere. I server girano a pieno ritmo, raccolgono e forniscono dati. E naturalmente generano calore.

Cambio di scena. Internet of Things. Guida autonoma. Blockchain. Intelligenza artificiale. A livello mondiale, il fabbisogno di potenza per i computer è incalcolabile. Maggiori prestazioni significano però maggiore consumo di elettricità e aumento della produzione di calore residuo: i chip possono scaldarsi fino a 100°C. Devono essere raffreddati e il calore deve essere disperso.

Al giorno d’oggi, nella maggior parte dei casi il calore viene disperso nell’aria e in questo modo contribuisce al riscaldamento climatico. Perché non utilizzarlo quindi? Ad esempio per riscaldare una casa o per produrre acqua calda? O per riscaldare un intero quartiere? Un’utopia? Certo che no! Esiste già un primo progetto pilota.

Sufficiente a riscaldare una piccola casa plurifamiliare

Molte questioni sono ancora irrisolte e proprio a queste è rivolto il progetto di ricerca «ECO-Qube» dell’istituto di ricerca Empa di Dübendorf in collaborazione con un team di ricerca europeo. In tre sedi in Europa si trovano i cosiddetti Edge datacentre, piccoli centri di calcolo locali come quelli che potrebbero trovarsi nella vostra cantina: uno in Turchia, uno in Olanda e uno nell’innovativo edifico NEST a Dübendorf.

I tre centri di calcolo sono integrati direttamente nel sistema energetico dei quartieri circostanti e saranno alimentati per quanto possibile con energie rinnovabili. L’obiettivo? Combinare le componenti hardware e software con l’aiuto dell’intelligenza artificiale per far sì che l’energia e il calore residuo vengano sfruttati nel modo più efficiente possibile.

«Un datacentre Edge produce circa 20 kW di energia termica», spiega Philipp Heer, responsabile dell’«Energy Hub» dell’Empa. Con l’impiego di uno scambiatore termico, questa quantità è sufficiente per riscaldare una piccola casa plurifamiliare. «Dai server è possibile ottenere calore fino a una temperatura di 60°C.» Le condizioni: i server devono essere gestiti e raffreddati da un sistema smart.

Problemi con l’immagazzinamento stagionale

«Tuttavia il calore non viene sempre prodotto dove serve. Il centro di calcolo altrimenti resterebbe inoperativo», spiega. Gli edifici e il datacentre devono quindi comunicare tra loro e per farlo serve la rispettiva tecnologia. «Non si tratta solo di sfruttare al meglio il sistema energetico ma anche di avere un impatto il più ridotto possibile sull’ambiente», spiega Heer. Per cosa si utilizza il calore residuo in estate ad esempio? Una soluzione sarebbe l’immagazzinamento dell’energia termica. Heer: «il problema con l’immagazzinamento stagionale dell’energia non è ancora risolto.»

Forse «ECO-Qube» riuscirà a fornire una risposta. Il progetto ha una durata di tre anni ed è sostenuto dal programma di ricerca europeo «Horizon 2020». I risultati della ricerca dovrebbero poi essere messi a disposizione di progettisti e gestori di edifici. Chi lo sa, magari un giorno abiterete anche voi in una casa riscaldata grazie all’elaborazione dei dati.

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