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CANTONEUSS-Ti: «No a una riforma fiscale che produce povertà»

22.11.17 - 11:35
Il Comitato cantonale dell’Unione sindacale svizzera, sezione Ticino e Moesa (USS-Ti) respinge la riforma fiscale proposta dal Consiglio di Stato e sostiene il lancio del referendum
USS-Ti: «No a una riforma fiscale che produce povertà»
Il Comitato cantonale dell’Unione sindacale svizzera, sezione Ticino e Moesa (USS-Ti) respinge la riforma fiscale proposta dal Consiglio di Stato e sostiene il lancio del referendum

 

BELLINZONA - Lo scorso 18 settembre il Governo ticinese ha presentato una serie di modifiche delle condizioni di esonero fiscale che riguardano le grosse aziende che conseguono utili, le holding e le persone fisiche benestanti. Per il Comitato cantonale dell’Unione sindacale svizzera, sezione Ticino e Moesa (USS-Ti), «la proposta favorisce, ancora una volta, i grandi patrimoni mentre le conseguenze verranno pagate dalla popolazione meno fortunata. In prospettiva, la fattura si aggira sui 50 milioni di perdite per la collettività: 30 milioni in meno per le casse cantonali e 20 milioni in meno per i Comuni. Il pacchetto fiscale rappresenta inoltre la prima tappa di ulteriori politiche di defiscalizzazione a beneficio di pochi privilegiati».

Quanto proposto dal Consiglio di Stato ticinese ricorda all’UNione sindacale il periodo degli anni ’90, «quando si declamava di voler risollevare l’economia cantonale a suon di sgravi, attirando molte di quelle aziende che hanno poi lasciato sul territorio capannoni, bassi salari e ben poco valore aggiunto». «Negli ultimi vent’anni, le varie riforme della legge tributaria e i pacchetti fiscali che hanno ridotto le aliquote sul capitale e l’imposta sugli utili, hanno avuto come conseguenza importanti riduzioni delle risorse pubbliche. Gli sgravi decisi dal 1997 al 2005 provocarono una minore entrata annua per il Cantone di 207 milioni. Si sono così svuotate le casse per poi andare a giustificare tagli a scapito della popolazione. Il disavanzo del Cantone in quegli anni si aggirava sui 200 milioni all’anno. Se il Governo non avesse condotto questa politica, non ci sarebbero stati problemi finanziari. Si vuole ora perseverare», si legge nella nota.

E ancora: «Seguendo la dottrina neoliberista l’obiettivo dei promotori degli sgravi è sempre quello del “meno Stato e più mercato” riducendo la spesa pubblica per favorire unicamente una parte dell’economia privata. Ma il minor carico fiscale di cui hanno beneficiato le imprese e i contribuenti facoltosi non ha portato a significativi investimenti nel territorio cantonale. Quanto risparmiato grazie agli sgravi è finito nei mercati finanziari e speculativi. Il tessuto economico ticinese si è così impoverito, siccome è venuto a mancare il sostegno del settore pubblico a seguito dei tagli che lo Stato e gli enti locali hanno dovuto effettuare».

«Dal 2008 al 2015, in Ticino le aziende sono passate da 20'000 a 38'000, eppure cresce la povertà, la sotto-occupazione e il numero di persone che necessita l’assistenza. I salari in alcuni settori diminuiscono da anni. L’ideologia degli sgravi ha contribuito a produrre un’economia nella quale troppe imprese si basano sulla possibilità di beneficiare di riduzioni fiscali senza essere in grado di offrire salari dignitosi per vivere in Ticino. Creando lavoratori poveri che devono ricorrere agli aiuti sociali per poter arrivare alla fine del mese. Aiuti sociali che però continuano a diminuire. Negli ultimi quattro anni si sono tagliati 30 milioni nelle misure a favore delle fasce più deboli della popolazione. Dagli assegni integrativi ai sussidi di cassa malati».

«Con le politiche neoliberiste si sono provocati dei drammi. Opponiamoci a una riforma fiscale che produce povertà», conclude il comunicato.    

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