In aumento negli ultimi anni le violenze intenzionali sugli animali. Il caso della gatta impallinata da ignoti: 5 ore sotto i ferri e quasi 2000 franchi per salvarla
PURA - L’ha trovata impaurita, sporca di sangue, in un angolo della cantina di casa. Due settimane fa, nel pomeriggio, Minny, una gatta nera di 10 anni, è tornata malconcia dalla padrona con cui vive nel villaggio malcantonese. In un primo momento Esterina Luvini, che non vedeva più la sua micia dal mattino, ha pensato che qualcuno l’avesse investita. Alla clinica veterinaria di Manno, dove si è subito recata quel sabato 8 settembre, ha invece saputo una verità che fa male: qualcuno aveva sparato alla bestiola. Un colpo, penetrato da dietro l’orecchio e fuoriuscito dalla bocca, aveva frantumato i denti e la mandibola del felino.
I numeri dei maltrattamenti - Un episodio di violenza raro ma non isolato. Come ricordano le cronache degli ultimi anni c’è ancora chi spara, avvelena, bastona, maltratta gli animali. Cani e, soprattutto, gatti sono in cima alla lista. Fatti di cui talvolta si legge. Ma l’entità del fenomeno del maltrattamento di animali (per intenzione), art. 26 della Legge federale sulla protezione degli animali, emerge dai numeri delle infrazioni fornite dalla Polizia cantonale: dal 2014 la statistica è costantemente in doppia cifra (vedi tabella). Viviamo in una società più sensibile agli animali oppure è lo specchio di un’insensibilità crescente? Talvolta, come spiega lo psicologo Luigi Gianini nell’intervista qui sotto, «la rabbia di chi maltratta è la proiezione di un disagio personale». Di sicuro c’è l’amarezza dei proprietari, accentuata dalle spese per curare - quando è possibile - l’animale ferito.
Minny ce l’ha fatta - «Cinque ore di intervento e quattro placche nella mandibola. È ancora ospite della clinica Ticino Animal Hospital di Manno. Senza di loro, era di sabato, non avrei saputo dove andare. Ho denunciato il fatto al Ministero Pubblico, anche se spero nel rimorso di chi ha sparato. Queste terapie avranno un costo non indifferente, tra i 1500 e i 2000 franchi, ma ci tenevo troppo a che fosse curata bene» dice la signora Luvini. Presso la struttura, aperta da circa tre mesi, è lo stesso dottor Simone Benenati a raccontare qualcosa di più sull’accaduto: «Credo possa essersi trattato di un’arma ad aria compressa - spiega il veterinario -. Di quelle che sparano piombini. Abbiamo osservato solo dei rimasugli radiografici di piombo nella zona colpita. L’intervento è stato abbastanza impegnativo. È stata fatta una ricostruzione importante della mandibola, ma tutto è andato bene». Aperti da circa tre mesi, è il primo caso del genere: «Forse è la bravata di uno stupido che si diverte a sparare agli animali. Sono armi difficilmente letali, ma qui è stata mirata la testa».
Lo psicologo: «Violenze generate da una rabbia interiore. Ma è importante l'educazione per gestire le pulsioni»
La mancanza di freni davanti all’animale domestico che diventa un bersaglio cosa può nascondere? Ne abbiamo discusso con lo psicologo Luigi Gianini. «Talvolta atti simili possono essere un modo per colpire indirettamente qualcuno. L’animale diventa un mezzo per fare del male affettivamente alla persona che lo ama» spiega lo specialista. Come rompere un vetro o rigare la portiera di una vettura, cani e gatti diventano strumenti per ferire, soprattutto oggi che, sottolinea Gianini, «gli animali sono diventati per molti l’oggetto d’amore principale». Questo nel caso in cui l’atto sia stato compiuto per vendetta. «In altri casi, invece, si tratta di un semplice divertimento da parte di chi considera il regno animale inferiore». Un capitolo a parte è quello del sadismo: «Perché può esserci anche la perversione dietro questi atti» ricorda lo psicologo. «E si tratta generalmente di persone che non hanno sensi di colpa e agiscono sulla base di impulsi. Individui che hanno una rabbia interiore che proiettano sull’animale. Una rabbia fonte di un disagio personale».
Chi oltrepassa il confine e fa del male ad un animale in modo gratuito prova generalmente sensi di colpa? Esiste il pentimento?
«Differenzierei tra la messa in atto di un’azione incontrollata da parte di un ragazzo e l’attuazione invece da parte di un adulto che dovrebbe avere la capacità di frenare un impulso che quasi sempre è premeditato. È difficile che in quest’ultimo caso, se c’è una forma di piacere, ci sia anche un senso di colpa». Le pulsioni sadiche, conclude lo psicologo, «esistono anche nei ragazzi, ma se queste si protraggono anche in età adulta significa che c’è una problematica. L’adulto dovrebbe infatti avere dei mezzi di autocontrollo maggiori. Atti simili non sono del resto normali anche nei più giovani e molto dipende dalle culture in cui si è cresciuti e, soprattutto, dall’educazione ricevuta. Quest’ultima ha un ruolo importante non solo riguardo all’atto, ma anche ai sensi di colpa. Perché l’educazione svolge un ruolo rispetto alla gestione delle pulsioni».