Maurizio Canetta commenta il risultato del sondaggio, secondo il quale il 51% degli svizzeri farebbe a meno di pagare il canone. «A quelli che vogliono dare un segnale alla RSI, io dico che...»
LUGANO - Iniziamo col dire che il sondaggio su NO Billag realizzato dalla piattaforma 20 Minuten, 20minutes e 20minuti/Tio non è così catastrofista come qualcuno temeva. Il 51% degli aventi diritto intende votare “sì” il 4 marzo prossimo, il 45% “no”.
Direttore Canetta in Svizzera il 51% - secondo il sondaggio - voterebbe sì all’abolizione del canone. Con il 51% siamo a metà. Il bicchiere lo vede mezzo pieno o mezzo vuoto?
«Il bicchiere lo vedo mezzo pieno perché in generale preferisco avere un approccio ottimistico nella vita. I sondaggi non sono nient’altro che delle fotografie, non sono scienza esatta, bensì segnali che vanno certamente presi in considerazione. Pensiamo a una corsa ciclistica, in questo momento siamo ai piedi degli ultimi due colli, non lontani dal traguardo, ma non possiamo ancora dire chi sarà in vantaggio».
La maggioranza, seppur risicata, dei ticinesi (si parla del 49%) dice no all’abolizione: le dà qualche speranza?
«È un dato che certamente conforta. Resta ora la speranza che nel prosieguo della campagna ci sia un’affermazione delle ragioni del no e che la votazione è sul mantenimento o sulla sparizione del servizio pubblico in Svizzera».
Fa riflettere anche il divario, meno marcato di quanto si pensasse, tra giovani e anziani. Un giovane su due direbbe sì all’abolizione del canone, e fin qui nulla di sconvolgente visto che i giovani sono quelli che guardano meno la tv, ma sconvolge il dato riferito agli anziani: il 47% di loro voterebbe sì a No Billag. Come se lo spiega?
«Fa parte di quelle situazioni di poca chiarezza rispetto all’argomento di fondo. I promotori dell’iniziativa continuano ad affermare che se passa l’iniziativa la SSR continuerà ad esistere, una tesi questa che non è stata ancora smontata del tutto. In realtà i fatti parlano diversamente e dicono che non ci sono alternative allo smantellamento. Ci sono tante famiglie in difficoltà, ed è comprensibile che possano essere tentate di votare sì a No Billag giusto per "dare un segnale” alla SSR. A questa categoria di persone vorrei dire che qui non si tratta di “dare un segnale” bensì di decidere se chiudere o tenere un servizio pubblico».
Conforta sapere che alla domanda se ritiene necessario diffondere le trasmissioni in Svizzera in tutte e quattro le lingue nazionali, ha risposto sì un buon 51%.
«Credo che sia un segnale importante: la presa di coscienza che la SSR garantisce - secondo questo sistema - l’esistenza di radio/tv/online in tedesco, francese, italiano e romancio. E questo è fondamentale in un paese di quattro lingue e quattro culture».
Dai risultati si evince che la partita è ancora aperta. In virtù anche di questi risultati voi intendete fare qualcosa?
«Come azienda RSI non facciamo campagne, bensì programmi. È chiaro che dobbiamo dire alle persone cosa facciamo e chi siamo, andare verso le persone, discutere con loro. Questo è il nostro compito, le campagne le fanno gli altri».
Si fa un gran parlare sul fatto che se passerà No Billag i canali televisivi RSI moriranno. Si parla poco invece del futuro della radio, che tantissimi ascoltano. Dovesse passare l’iniziativa, che futuro ci sarà per la radio?
«Ci sono cinque radio principali, le nostre e le due private (Radio Fiume Ticino e Radio 3i). Le reti SSR nella Svizzera italiana hanno un mercato vicino al 70%. Sparirebbero anche queste e avremmo una realtà dominata dalle emittenti straniere. Non solo, ma per fare un esempio In un altro campo, un progetto cinematografico come quello dei Frontaliers non avrebbe mai potuto vedere la luce».
Qual è il sentimento tra i dipendenti RSI in questi giorni?
«Il sentimento di preoccupazione esiste, ma c’è una determinazione a continuare a fare quello che sappiamo fare».