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ATTUALITÀ SETTIMANALECome convivere con deflazione e tassi negativi (e sopravvivere felici)

12.04.16 - 14:56
Davide Faraldi - BSI Equity and Fund Analysis
Come convivere con deflazione e tassi negativi (e sopravvivere felici)
Davide Faraldi - BSI Equity and Fund Analysis

Avevamo lasciato il banco di scuola imbevuti di granitiche certezze. Ci era stato insegnato come aumentando la quantità di moneta in circolazione, sarebbe aumentata anche l’inflazione… Di più: se l’aumento della quantità di moneta equivaleva a tagliare i tassi, allora la logica avrebbe reso l’azionario sempre più attraente rispetto all’obbligazionario, che invece risentiva dell’espansione monetaria. Tale era il dogma, indiscutibile, del meccanismo di trasmissione dalla banca centrale all’economia reale. Ed in effetti sui manuali di economia attualmente in commercio è ancora tratteggiato in questi termini…
Eppure, ad osservare la realtà degli eventi, il meccanismo si è inceppato. Le banche centrali non solo hanno introdotto i tassi negativi ma, tramite il quantitative easing, hanno immesso direttamente liquidità sui mercati finanziari con nuovi soldi stampati di zecca. Fed a parte, per la quale, a fronte del target d’inflazione del 2%, è stato appositamente coniato il termine Yellen call, contrapposto alla Bernanke put, e secondo cui, all’avvicinarsi dei target di occupazione piena e core inflation, un approccio risk on sul mercato sarebbe “cappato” dall’inasprimento nella politica monetaria, per cui il potenziale di rivalutazione dei risky assets sarebbe limitato, in Europa abbiamo ben altri problemi.
Il nuovo “dogma” della BCE ha un nome: l’indice di inflazione area euro 5anni/5anni forward, ovvero, la stima di mercato dell’inflazione attesa tra cinque anni per i cinque anni successivi, la quale negli ultimi tempi, a fronte di un target BCE poco sotto il 2%, “veleggia” miseramente vicino al minimo storico dell’1.55%. I mercati, dunque, scontano due opzioni: o la politica monetaria non è calibrata correttamente e, anzi, va resa più accomodante, o, peggio, in assenza di un contributo da parte della politica fiscale a sostegno della domanda, non potrebbe mai essere in grado di garantire la stabilità dei prezzi. Soprattutto in questo scenario caratterizzato da una crisi della domanda, in primis nella “latitanza” degli investimenti. Va da sé come l’adozione dei tassi negativi non sia più un’opzione teorica, ma una scomoda quanto presente realtà con cui confrontarci quotidianamente.
Come reagire dunque al nuovo ecosistema e, soprattutto, quali comportamenti adottare per minimizzarne le infauste sfumature? Ci viene incontro, in tal senso, un recente articolo, apparso sul WSJ. A tratti paradossale, qua e là provocatorio, ma sicuramente lucido. Fino alle estreme conseguenze.
Cinque, dunque, le modalità possibili che gli investitori potrebbero adottare pur di ovviare alla persistenza temporale di tassi negativi:
1) prelevare ed accumulare contante (celebre l’esempio, già in voga nel “deflazionato” Giappone, di robusti acquisti in cassette di sicurezza/casseforti);
2) ricorrere a strumenti monetari differenti (accettare pagamenti con assegni bancari e non depositarli fino a necessità);
3) accumulare risparmi in valuta estera da convertire in moneta a rendimento negativo solo in caso in necessità (una strategia che difende il ritorno sul portafoglio, ma comporta, se non coperto, il rischio cambio);
4) accumulare beni reali: terreni, immobili, materie prime (soprattutto metalli preziosi e beni da collezione)
5) accelerare i pagamenti di tasse, forniture, dipendenze (per quanto, negativamente, esporrebbe a rischio credito e di rendimento).
Va detto, ovviamente, che tutte queste strategie, seppur utili ai fini di contrastare i tassi negativi, originerebbero, comunque, comportamenti socialmente ed economicamente distruttivi: i fondi di investimento si vincolerebbero ad asset non produttivi; i risparmi non circolerebbero interrompendo il flusso di finanziamenti al settore delle imprese; l’allocazione del capitale, distorta dal desiderio di evitare i tassi negativi, eroderebbe la capacità del sistema bancario ad erogare credito a sostegno dell’economia reale (si pensi, ad esempio, a pagamenti unicamente tramite assegni/anticipi).
Se dunque, nel corso dell’ultima conferenza della BCE, Draghi stesso si è dilungato, a sorpresa degli stessi giornalisti, anche sul potenziale impiego dello stimolo quasi-fiscale “Helicopter Money”, allora dovremo abituarci sempre di più a convivere in un “mondo alla rovescia”. Vorrà dire che cercheremo sollievo nei manuali di economia…

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