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STATI UNITIIl FOMC diventa più accomodante

22.03.16 - 17:03
Lo speciale di BSI di Gianluigi Mandruzzato, BSI Macro&Fixed Income Analysis
Il FOMC diventa più accomodante
Lo speciale di BSI di Gianluigi Mandruzzato, BSI Macro&Fixed Income Analysis

Il comunicato del FOMC al termine della riunione di mercoledì 16 è risultato molto più accomodante di quanto i mercati si aspettassero, con diversi riferimenti alla debolezza del contesto internazionale e ai relativi rischi per le prospettive economiche degli Stati Uniti. A fronte di ciò, il FOMC ha rivisto al ribasso il profilo atteso dei tassi sui fed funds rispetto alle proiezioni di dicembre sia per l'anno in corso sia per quello successivo, nonché nel più lungo periodo.

Gli investitori hanno reagito spingendo al ribasso i rendimenti sui titoli di stato USA e gli spread sui corporate bonds, abbandonando le posizioni sullo USD e incrementando quelle sulle valute di paesi industrializzati e in via di sviluppo, e con acquisti sull'azionario. La nostra previsione è che il sostegno a questi ultimi durerà più a lungo delle pressioni al ribasso su rendimenti e USD. Nonostante il profilo delle stime relative ai tassi sui fed funds appaia ora più piatto, nei prossimi trimestri assisteremo comunque a un graduale innalzamento del differenziale sui tassi a breve termine tra gli Stati Uniti e il resto del mondo. Quanto ai titoli di stato americani, il consolidamento del mercato del lavoro e dell'inflazione core dovrebbero nel tempo spingere i rendimenti verso l'alto, seppur moderatamente. Tuttavia, nel breve termine, la modesta dinamica dell'inflazione headline, che si protrarrà fino alla metà del 2016, dovrebbe mettere un freno a tale andamento rialzista.

Analizzando in dettaglio il comunicato e le dichiarazioni rilasciate dalla Presidente Yellen nella conferenza stampa successiva alla riunione, colpisce l'enfasi posta sugli sviluppi esteri e i mercati finanziari, entrambi elementi che presentano rischi al ribasso per la congiuntura economica americana. Davanti ai giornalisti Yellen ha detto che le proiezioni dei tecnici della Fed sulla crescita nel resto del mondo sono state tagliate, e che ciò si ripercuote inevitabilmente sugli Stati Uniti. Inoltre, il FOMC ha espresso preoccupazione riguardo a “un certo irrigidimento delle condizioni di credito”, principalmente dovuto all'allargamento degli spread e, in misura minore, la ridotta propensione delle banche a concedere prestiti.

Se l'incertezza riguardante le prospettive economiche mondiali verosimilmente si protrarrà nei prossimi mesi, l'irrigidimento dell'accesso al credito potrebbe già essere in via di risoluzione. Gli spreas sui corporate bonds statunitensi sono andati calando da metà di febbraio, tornando ai livelli di inizio anno. Rimangono ancora storicamente elevati, ma risultano senza dubbio meno preoccupanti rispetto a soltanto alcune settimane fa. Inoltre, l'indebolimento dello USD nel corso delle ultime settimane dovrebbe contribuire all'allentamento delle condizioni monetarie e finanziarie per il settore privato americano.

Al di là dei riferimenti ai rischi legati agli sviluppi internazionali e sui mercati finanziari, il giudizio del FOMC sull'economia USA rimane piuttosto positivo, specialmente sul mercato del lavoro: l'aumento del numero degli occupati è stato definito “robusto” e una serie di indicatori lasciano presagire ulteriori miglioramenti. Sul versante dell'inflazione, il FOMC ha preso atto dei recenti rialzi, sottolineando però che essa rimane tuttora lontana dal livello obiettivo. Nel corso della conferenza stampa, Yellen ha rimarcato una volta di più come la Fed resti scettica che l'accelerazione delle dinamiche inflazionistiche e delle retribuzioni osservata negli ultimi mesi possa andare avanti a lungo.

Stando al FOMC, tale scenario “rende opportuno incrementare il tasso sui fondi federali in maniera graduale”, a un ritmo che “dipenderà dalle prospettive economiche che emergeranno dai dati”. Rispetto a dicembre, la mediana dei componenti del FOMC relativa al tasso sui fed funds è ora lo 0,875%, 50 punti base più bassa: ciò dovrebbe significare che vi saranno soltanto due ulteriori rialzi da qui alla fine dell'anno, a fronte dei quattro prospettati a fine 2015. Spingendo lo sguardo oltre il 2016, è stato apportato un taglio di 50 punti base anche al tasso atteso alla fine del 2017, previsto ora al 1,875%, e di 25 punti base per quello al termine del 2018, portandolo al 3%.

Da rilevare anche la riduzione delle proiezioni nel lungo termine per il tasso sui fed funds a 3,25%, rispetto al 3,50% di dicembre e il 3,75% di un anno fa. Considerando che frattanto le proiezioni sul PIL sono rimaste pressoché invariate e quelle sul tasso di disoccupazione riviste al ribasso, ciò fa pensare che a giudizio del FOMC sia necessario un ulteriore stimolo monetario al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati anche oltre il 2018. La stessa logica si applica probabilmente anche alle proiezioni intermedie sui tassi, le quali sono state abbassate più di quanto l'evoluzione delle previsioni macroeconomiche del FOMC avrebbe potuto lasciare intendere. Una possibile interpretazione è che la Federal Reserve preveda che il tasso di equilibrio reale si attesti a un livello più basso non soltanto nel breve e medio termine, ma anche nel lungo periodo, il che potrebbe costituire una presa d'atto della riduzione strutturale del potenziale di crescita dell'economia a stelle e strisce.

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