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L'OSPITEBasket a Sementina: «Quando le risate disturbano la quiete pubblica»

02.11.17 - 14:45
di Marco Dotti
Basket a Sementina: «Quando le risate disturbano la quiete pubblica»
di Marco Dotti

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Ma nulla paga il pianto del bambino
A cui fugge il pallone tra le case.
(da Eugenio Montale, Felicità raggiunta, in Ossi di Seppia, 1925)

Quando Montale pubblicò gli Ossi di Seppia nel 1925, quasi un secolo fa, uno dei suoi intenti fu quello di condensare nella poesia tutto il malessere esistenziale – prevalentemente suo ma anche della società dell’epoca – che percepiva in e attorno a sé. L’immagine che emerge dai versi sopracitati è specchio di una realtà a cui sempre più adulti sono impermeabili. Veicolati in parte da ritmi lavorativi frenetici e sostenuti, nuovi bisogni materiali emersi dalle derive del capitalismo e altri fenomeni che caratterizzano gli individui della nostra società sembrerebbero essere finiti anche i giorni in cui il piacere e la gioia del gioco dei ragazzi riusciva a trasmettere felicità agli adulti stessi. Quanto recentemente avvenuto a Sementina, ormai quartiere della “Grande Bellinzona”, ne è la conferma.

La palestra e sala multiuso Ciossetto viene ufficialmente inaugurata nel settembre del 2006 – all’epoca in una “zona verde” di Sementina priva di abitazioni nelle sue immediate vicinanze – come primo traguardo di un importante progetto riguardante le nuove scuole elementari del paese. Fin da subito diventa un un importante punto d’incontro per tutta la comunità dove vengono organizzati eventi di ogni sorta: da tornei sportivi a matrimoni, da feste pubbliche ad eventi comunali. Tuttavia, l’idea di fondo di questo progetto non si limitava esclusivamente a voler creare un luogo che diventasse teatro degli eventi precedentemente elencati. Uno degli obiettivi principali era quello di donare ai giovani uno spazio lontano dal traffico, dallo smog e dai pericoli delle strade – l’ubicazione delle attuali scuole elementari non soddisfa nemmeno uno di questi tre elementi –, in una zona verdeggiante e che permettesse a ragazzi e ragazze di intrecciare rapporti umani faccia a faccia e non esclusivamente da dietro lo schermo di un computer o di un cellulare.

Fino ad oggi questa struttura ha saputo svolgere al meglio il proprio compito ed è stata apprezzata da tutta la comunità di Sementina. Spesso mi è capitato di imbattermi nelle risate di giovani, contenti di poter condividere uno spazio del genere con i propri coetanei, e negli sguardi appagati dei genitori che, con un sottile ma compiaciuto velo di invidia, sembravano dire: “Avessi avuto io un luogo come questo dove giocare quando avevo la loro età, ci sarei andato ogni giorno”. E proprio di fortuna si tratta, spazi di questo genere sono sempre più rari e vanno difesi e valorizzati, specie in un territorio continuamente soggetto a speculazioni immobiliari in cui i luoghi messi a disposizioni per le attività della popolazione, sportive e non, risulterebbero essere sempre più rari.

Fatto il sunto della situazione passiamo ora al fatto che ha suscitato sorpresa e rammarico nel distretto bellinzonese, specie tra i più giovani. Si è trattato di un fulmine a ciel sereno, la decisione presa dal Municipio della “grande Bellinzona” di rimuovere, in data 31.10.2017, i tabelloni del neo-nato campetto di pallacanestro (ultimato a fine giugno del 2016) del centro multiuso Ciossetto. Non sono stati forniti né spiegazioni né comunicati scritti, da un giorno all’altro numerosi giovani sono stati privati della possibilità di riunirsi per condividere e praticare momenti di attività fisica all’insegna dell’amicizia, della salute e del divertimento. Rimasti basiti e quasi sentendosi “colpevoli” per quanto avvenuto, diversi ragazzi hanno iniziato a chiedere spiegazioni al Municipio di Bellinzona per venire a conoscenza dei motivi che lo hanno spinto ad impedirgli di praticare un’attività sportiva che si è sempre svolta nel rispetto delle regole del buon vicinato.

Difficile credere che un’azione del genere possa provenire direttamente dalle autorità del Municipio di Bellinzona, che bisogno avrebbero di impedire a dei giovani ragazzi di praticare uno sport che amano? Più plausibile sembrerebbe l’ipotesi che essendo sorte negli ultimi anni, dopo la costruzione del Ciossetto, diverse abitazioni mono e pluri-famigliari adiacenti alla palestra qualche vicino, probabilmente non avendo calcolato l’ipotesi di poter essere infastidito dall’ovattato suono del rimbalzo del pallone e men che meno di abitare di fianco ad un importante punto di ritrovo sociale affermatosi da anni, voglia godere diurnamente di quella stessa tranquillità che regna in centro Bellinzona ogni sera da diversi anni a questa parte, eccezion fatta per la goliardica settimana in cui ha luogo il Carnevale di Bellinzona (Rabadan). Quale sarà dunque la sorte di questo punto d’incontro per giovani fino ad ora molto “battuto” ed utilizzato con devozione nel pieno rispetto delle regole imposte dal Comune? Perverrà una risposta da parte del Municipio in cui verrà spiegato e motivato questo atto di smantellamento – materiale nonché sentimentale – oppure gli echi felici dei rimbalzi e delle risate verranno soffocati senza spiegazioni? Quest’ipotesi ci riporta ai versi della poesia di Montale previamente citati, i giovani di questo distretto si ritrovano ad essere il “bambino a cui fugge il pallone” – anche se in questo caso sarebbe più corretto parlare di canestri – ma con una differenza: un conto è se il pallone sfugge di mano al bambino perché gli è scivolato involontariamente, un altro se questo gli viene sottratto senza motivo. Come disse H. D. Thoreau: “Tutte le cose di questo mondo dovrebbero essere viste con occhi sempre nuovi, giovani e speranzosi”. Questo è un episodio che ci insegna cosa dovremmo imparare dal bambino colmo di inconsapevole libertà che ha questi occhi, che vedendo per la prima volta qualcosa di sconosciuto ne resta scosso, incuriosito, addirittura affascinato. Finché non riusciremo ad avere “occhi sempre nuovi”, allora anche le risate di un bambino non saranno più capaci di generare gioia, bensì finiranno per infastidire chi è affetto da una cecità che non ha intaccato solamente i suoi occhi, ma anche il suo spirito.

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