La futura situazione, ancora tutta da definire, offre lo spunto per pensare a quello che invece rimane fuori dalla digitalizzazione
Le nuove tecnologie sono ormai entrate nella nostra quotidianità. La digitalizzazione delle relazioni con tutto quello che ci sta attorno (persone e cose) sembra essere un tema di forte attualità. Bisogna pensarsi come chi si rapporta alla vita non più come prima avveniva, ma secondo forme nuove, fatte di software, algoritmi e hardware.
Bene. Questo nuovo scenario, ancora tutto da definire (non lasciamoci scappare l'occasione) ci offre lo spunto per pensare a quello che invece ci rimane, "fuori" dalla digitalizzazione. Cosa andrà a contraddistinguerci (forse la domanda andrebbe già posta all'indicativo presente) in quanto persone, individui con un nome e un cognome - appunto – unico e a differenziarci ognuno dagli altri al punto tale da poterci ancora ritenere una singola persona con un proprio patrimonio di intelligenza, sensibilità e emozioni? Cosa ci rimarrà dopo che il processo di digitalizzazione (che, badiamo bene, non sarà qualcosa di semplice come un viaggio su un'automobile o un treno o un aereo che si guidano da soli…) sarà definitivamente incominciato? Su cosa di importante potremo contare quando guarderemo a noi stessi?
Chi si occupa di educazione non può esimersi da porsi tale questione poiché, lo sappiamo, in educazione sono le singolarità, le individualità che contano, poiché è solo a partire da queste che si può iniziare a parlare di collettività. E allora, al di là del saper insegnare a usare correttamente le nuove tecnologie e di essersi inseriti agevolmente nei processi di digitalizzazione della società, di cosa sarà chiamata ad occuparsi la futura educazione? Provare a rispondere a questa domanda significa – paradossalmente – fare astrazione da quanto le nuove tecnologie offrono andando invece a indagare ciò che ci contraddistingue come adulti, genitori, persone che si occupano di bambini e di giovani, obbligandoci a sortire dei "perché" che guardano sia molto lontano, sia dentro ognuno di noi.
Articolo di Ilario Lodi, Responsabile Pro Juventute Svizzera italiana