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L'umanità per Waters? Sull'orlo del precipizio

REGNO UNITOL'umanità per Waters? Sull'orlo del precipizio

12.06.17 - 06:00
“Is This The Life We Really Want?” è un ottimo disco che non fa sconti, e che identifica in Donald Trump ciò che c'è di sbagliato in questo mondo
Keystone
L'umanità per Waters? Sull'orlo del precipizio
“Is This The Life We Really Want?” è un ottimo disco che non fa sconti, e che identifica in Donald Trump ciò che c'è di sbagliato in questo mondo

LONDRA - Quando si parla di un nuovo album di Roger Waters si ha a che fare, già in partenza, di qualcosa di eccezionale. Basti pensare che la precedente prova solista dell’ex Pink Floyd, “Amused to Death”, risale addirittura al 1992. Tra quel disco e questo c’è solo “Ça ira”, ma si tratta di lirica e non è certo l’argomento di cui vogliamo parlare oggi.

Dunque, cosa deve aspettarsi l’ascoltatore da “Is This The Life We Really Want?” Prodotto da un fuoriclasse come Nigel Godrich, è un album dall’alto contenuto drammatico e polemico. Waters è sempre stato uno dei songwriter più “politici” e non sorprende quindi che abbia attinto all’attualità, guardata in una chiave disillusa e pessimista. “È questa la vita che davvero vogliamo?”, una domanda retorica alla quale la risposta è semplice: i demoni tratteggiati in alcuni dei vecchi album dei Pink Floyd sono diventati realtà, e lo abbiamo voluto noi.

Il barlume di speranza di “The Last Refugee”, del superstite di un conflitto mondiale che guarda al futuro con speranza, viene immediatamente spazzato via da “Broken Bones”, grido di accusa contro l’umanità che, alla fine della Seconda guerra mondiale, ha scelto d’infilarsi nel tunnel del consumismo e della guerra tra poveri.

Musicalmente in “Is This The Life We Really Want?” si percepiscono molti echi floydiani (“Déjà Vu” ricorda non poco “Mother”, in “Picture That” c’è qualcosa di “Welcome to the Machine”, “Animals” ricorre in più passaggi). Godrich si sente, eccome, quando le tastiere salgono in cattedra. Gli arrangiamenti, anche i più ricchi, però non sono mai pomposi ed eccessivi. L’utilizzo di registrazioni di voci e conversazioni si trova già nei Pink Floyd (come non pensare a “The Dark Side of the Moon”) ma qui viene usato in maniera ancora più organica e finalizzata a far passare il messaggio dell’album. Per questo Waters ha incluso la voce di Donald Trump, il “nemico” al quale si deve quest’opera.

È un album angosciante, che dipinge il mondo un mondo senza senso e dominato da un’irrazionale paura. È al contempo un ottimo lavoro, che musicalmente non inventa nulla ma nel quale Waters ha preso elementi pregiati della sua produzione precedente e li ha sintetizzati in una splendida narrazione, per suoni e parole, di una contemporanea “terra desolata”. L'amore può ancora salvare le cose, ma siamo ormai all'ultimo appello.

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