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INTERVISTA“Per un paraplegico guidare è sinonimo di libertà”

21.11.14 - 09:08
Uno sguardo dentro al Memorial Room Clay Regazzoni accompagnati dalla figlia Alessia.
Foto: Davide Saporiti
“Per un paraplegico guidare è sinonimo di libertà”
Uno sguardo dentro al Memorial Room Clay Regazzoni accompagnati dalla figlia Alessia.

A Pregassona, al civico 34 di via Arbostra, si trova quello che per un appassionato di Formula 1, ma in particolare per un tifoso di Clay Regazzoni, ha tutte le caratteristiche per divenire un luogo di pellegrinaggio.

“Vogliamo che Clay venga ricordato sia per la sua attività agonistica che per il suo impegno umanitario. In questo locale raccogliamo, esponiamo e valorizziamo oggetti nonché avvenimenti significativi che lo riguardano.”

Ad occuparsi del Memorial Room Clay Regazzoni è la figlia Alessia, la quale illustra con fierezza le gesta del padre e si batte con lo stesso impegno nella difesa dei diritti delle persone paraplegiche tra queste quattro mura così cariche di storia e ricordi indelebili. Da un lato l’occhio cade subito sulle automobili: dapprima una splendida Ferrari Daytona, poi la F40 protagonista del nostro recente servizio, infine alcune monoposto e altre due auto da corsa storiche. Esposti alle pareti fotografie, trofei e reliquie di una vita vissuta sempre al massimo. Uno spazio aperto al pubblico di appassionati che inevitabilmente, sbirciando dentro l’abitacolo dell’una o dell’altra vettura sportiva, noterà che ciascuna di queste è stata trasformata anche per essere guidata da Clay in persona.

“Quando diventi paraplegico ti ritrovi a non poter fare nulla, nemmeno le cose più semplici come prendere un libro dallo scaffale. Pensi prima di tutto a te stesso, alla tua situazione, e come poterti sentire finalmente libero e ritornare a vivere. E per un paraplegico, ma non solo per loro, guidare significa essere liberi, almeno negli spostamenti. Guidare in circuito, ad alta velocità, ridà loro finalmente la sensazione di vivere davvero, di toccare il cielo con un dito!”

Parole cariche di passione, quelle di Alessia, che rispecchiano appieno le gesta del papà. Clay infatti ha creato il primo corso di guida sportiva per paraplegici: siamo alla fine degli anni ’80, all’autodromo di Vallelunga, alla guida di alcune Alfa Romeo trasformate dalla romana Guidosimplex, anche a cambio manuale. Ma non parliamo solo di corsi di guida, bensì di vera e propria lotta per per i diritti delle persone colpite dal suo stesso destino. Per esempio ha fatto si che in Italia i paraplegici potessero guidare automobili di grossa cilindrata. È anche grazie a lui se la FIA ha permesso ai paraplegici di guidare ed essere piloti al pari di tutti gli altri. “Non ci deve essere nessuna eccezione” aggiunge Alessia, “un pilota resta tale anche in sedia a rotelle!“

“Ciò che ammiro particolarmente di mio padre è che non ha pensato solo a se stesso ma anche agli altri. Per una persona che di colpo diventa paraplegica è un processo lungo, che può durare anche cinque, sei o sette anni, ma alla fine ciò che conta è riuscire ad effettuare questo passaggio. In 35 anni Clay ha fatto tantissimo per la sensibilizzazione ma la società purtroppo non è cambiata. Era diventato sempre più critico e sempre più esigente, oltre che altruista.”

Oggi l’attività di sensibilizzazione viene portata avanti dalla figlia Alessia, il cui nobile obiettivo è quello di sensibilizzare le generazioni più giovani e raccogliere fondi per la ricerca medica con la speranza di poter liberare i paraplegici dalla sedia a rotelle.

“Bisogna sensibilizzare i bambini perché loro saranno gli architetti e i politici di domani. Le future generazioni sono quelle che potranno attuare un reale cambiamento. Venendo qui restano affascinati dai motori e comprendono che un paraplegico non é diverso dagli altri. Mio papà non vedeva il suo Handicap, ma è la nostra società che a causa delle barriere architettoniche e altre limitazioni ti fa sentire disabile.”

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